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Gruppo Affido Milano: le fatiche possono essere affrontate

Si sono incontrate lunedì 12 a Milano una ventina di famiglie che vivono o stanno valutando l’accoglienza in affido di minori. Il ritrovo è un’utile occasione di condivisione delle proprie esperienze, di difficoltà e gioie di questo cammino specifico. Appuntamento al 9 febbraio

20150112_215830(0) Durante la serata è stato messo a tema il contributo “Il sacramento del matrimonio e l’accoglienza” del Prof. Dr. D. Gabriel Richi Alberti, docente di Teologia presso l’Universidad Eclesiástica San Dámaso (Madrid). Diversi spunti hanno provocato le famiglie all’attenzione verso quello che è il primo ambito di accoglienza: il rapporto tra marito e moglie.

Una mamma ha raccontato: “Sono venuta a questa serata con la convizione che l’esperienza di affido che stiamo vivendo sia ormai arrivata alla fine. Troppa fatica e diversità. Ma ritorno a casa lieta e più convinta che, in una compagnia alla nostra vita e nell’attenzione al rapporto marito-moglie, le fatiche possano invece essere affrontate”.

Prossimo incontro e spunti di discussione
Lunedì 9 febbraio, ore 21.00
Parrocchia di Sant’Ignazio di Loyola
Piazza don Luigi Borotti (quartiere Feltre) – ingresso a destra guardando la chiesa, scendere le scale.

Nell’incontro del 12 gennaio ci siamo lasciati provocare dalla testimonianza che il teologo don Gabriel Richi Alberti ha fatto sul nesso tra il sacramento del matrimonio e l’accoglienza. Le domande che i nostri figli ci pongono trovano nell’unità sacramentale un punto certo cui guardare. Da qui l’importanza di prendere continuamente coscienza che il matrimonio è “scuola di accoglienza in quanto mette in luce l’origine sempre presente di ogni accoglienza: Dio stesso nel dono di Sé agli sposi”. Nessun contributo è da archiviare, ma è possibilità e richiamo continuo.

Nel prossimo incontro vorremmo farci provocare da un altro contributo emerso al Seminario di Peschiera. Davide Prosperi responsabile delle fraternità di CL in Lombardia ci ha detto:
“Dobbiamo anche capire cosa voglia dire quella frase detta da Giussani tanti anni fa e cioè che ‘Dio ama la nostra libertà più della nostra salvezza’. È un paradosso, perché senza che la nostra libertà sia totalmente esaltata, totalmente valorizzata non c’è una reale salvezza. Che cosa salviamo? I resti di qualcosa che è molto meno di ciò che dovrebbe essere, cioè che ha perso la sua grandezza. Amare la libertà, invece, vuol dire innanzitutto riconoscere la grandezza dell’altro.
La maggior parte dei problemi che abbiamo nel guardare l’altro per la sua libertà è perchè non ne accettiamo la grandezza, diamo già per scontato che l’altro sia un problema; accettare la grandezza può avvenire solo in due casi e cioè se uno è padrone della realtà, il modo con cui Dio guarda ciò che ha creato e ne vede tutta la grandezza. Oppure, uno che non è creatore, può cercare di imparare a guardare le cose così, immedesimandosi con lo sguardo di chi le ha fatte. Uno ha già un punto di verifica in se stesso dell’esperienza che sta vivendo, perché quando si comincia dentro l’arrabbiatura, il disagio che tutti i giorni ci prende (….), uno capisce che bisogna imparare a guardare le cose così, però bisogna desiderarlo.
Amare la libertà più che la salvezza è un paradosso per dire che l’ideale è di imparare a riconoscere questa grandezza perché questa è l’unica possibilità per accettare l’altro; grandezza che non è obiettata da tutto i limite che c’è o da tutta la diversità che c’è da come uno vorrebbe”.

Come viviamo questa grandezza nei rapporti con i nostri figli accolti, con le famiglie amiche con cui ci facciamo compagnia, con i servizi con cui entriamo in rapporto e in tutte le relazioni che si sono aperte con l’accoglienza?

Informazioni
Segreteria Affido
Giovedì ore 15.30-17.30
Tel. 02/45493200
Email: affido@famiglieperaccoglienza.it