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Quaderni di Famiglie per l’Accoglienza: novità Meeting 2015

Due testimonianze e un dialogo serrato con le famiglie dell’associazione veneta: il racconto di come l’accoglienza di una persona lontana da ogni nostra aspettativa ha trasformato delle vite

lasciamoci sorprendere

 

Natascia Astolfi – Giuseppe Farina

E’ te che aspettavo! Lasciamoci sorprendere dalla realtà, quad.42 Accoglienze

 

Natascia inizia così il suo racconto: “Sono sposata con Mirko da 14 anni, e ricordo bene che, a mezz’ora dal matrimonio, il desiderio più grande era che quell’amore lì fosse eterno, ed ero sicura che Gesù mi prometteva veramente quello (…). Ecco, in questi 14 anni, ho sempre avuto e custodito questo desiderio, ma con tutte le peripezie e con le cose che sono accadute nella vita, tanta di questa consapevolezza si era persa. (…)  Nei cinque anni precedenti la nascita di Giacomo, la mia vita era come diventata  la somma di tante cose da fare (…). E’ proprio lui che aspettavo in realtà, ed è arrivato mettendo ordine in tutta la mia vita, nel rapporto con mio marito. Chi è Giacomo? Giacomo è il mio quarto figlio, è nato il primo ottobre 2013 ma è vissuto 19 ore perché era affetto da una malformazione molto grave (…).”

Interviene poi Giuseppe, raccotando di come l’accoglienza di Remo ha accompagnato il nascere e il crescere della sua famiglia: “Con lui che non parlava, che non “capiva”, raccontargli questa nostra amicizia si traduceva nello stargli vicino, nel vivere con lui ciò che ci stava succedendo. Abbiamo così continuato , a trascorrere la domenica insieme. Circa tre anni dopo, nel 1986, io e Nadia decidemmo di sposarci. Possedevamo così una casa, due stanze da letto, la cucina, eccetera. La domenica c’era con noi Remo: ”Perché non tenerlo con noi a dormire?”, il lunedì mattina sarebbe tornato in istituto con Nadia che rientrava al lavoro. Una telefonata alla suora del reparto e così è stato. Un semplice “sì” a ciò che ci sembrava chiedere la realtà stessa, l’evidenza di un rapporto buono.” Concludendo Giuseppe spiega cosa sta imprando “dentro l’avventura dell’accoglienza: guardare noi stessi per quello che siamo realmente. E nel gesto dell’accoglienza scoprire che l’accoglienza è memoria del fatto che siamo fatti e voluti.”