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Il miracolo dell’ospitalità ri-accade di continuo

Lo scorso 26 maggio la presentazione de “Il miracolo dell’ospitalità” al Centro Culturale Clemente Rebora, Ascoli Piceno

‘Il miracolo dell’ospitalità’ non è solo il titolo di un libro di Luigi Giussani, ma è un accadimento che si ripete: questo il messaggio trasversale portato dai vari relatori dell’evento che ha avuto luogo lo scorso 26 maggio presso il centro culturale Clemente Rebora di Ascoli Piceno.

L’incontro è stato introdotto dall’intervento di Roberto De Angelis, responsabile di Famiglie per l’Accoglienza della provincia di Ascoli Piceno, ed ha visto la testimonianza di Silvia Piccinetti, e di Massimo e Flaminia Valentini famiglia affidataria. Ha partecipato anche Guido Castelli, Sindaco di Ascoli Piceno.

Attraverso le parole di Roberto la sfida di Giussani – che l’ospitalità sia possibile nella sua straordinarietà – “vive oggi e non è parola morta di un libro”. Roberto, infatti, ripercorrendo i contenuti del libro, ha portato la propria esperienza personale ed associativa attraverso una “trama di di rapporti che sono diventati amicizia”. Un’amicizia che interroga e stimola tutti i rapporti, a partire da quello più stringente con la moglie. “L’accoglienza – dice Roberto – è, nella sua radice più profonda, perdono. Il vero perdono è quello che inizia dai rapporti più semplici e vicini, a partire da quello con la moglie o con il marito”. Perdono che sembra impossibile senza una vita all’interno di una compagnia che aiuta a far memoria del bene capitato. Così anche nel rapporto con i propri figli dove si può imparare un giusto distacco: “L’impegno nell’educare i figli, primavera della famiglia e della società, origina da un senso di timore e tremore per il Mistero che è dentro quella creatura, che è così tua eppure, allo stesso tempo, non è totalmente tua”.

E’ questo apparente distacco, dato dalla coscienza che i figli non ci appartengono, che ha raccontato Massimo Valentini nell’esperienza di affido che è stato invitato a raccontare. Dalle sue parole traspare un’esperienza di letizia invidiabile nel percorso che ha portato lui e sua moglie ad accogliere a casa Emanuele: “I nostri figli fanno delle cose, ci sfidano perché vogliono sapere perchè gli vogliamo bene. Vogliono sapere dove risiede la nostra speranza. E’ questa la sfida della condivisione al centro della decisione di accogliere una vita nella propria casa, nella propria vita”.

Sfida che emerge anche nei racconti di Silvia, già madre ma provocata dall’esperienza di una signora che viveva l’esperienza dell’affido. E la provocazione, evidentemente di fascino, ha portato qualche anno dopo alla decisione di accogliere un ragazzino rom di 14 anni. Silvia ha già tre figli e la convivenza non è facile. L’irruzione di una presenza nuova porta a rivedere molti progetti, molte immagini già ormai radicate nell’idea di vita di Silvia e suo marito. Il rapporto con una persona nuova e totalmente diversa – per storia, estrazione culturale, mentalità –  è tutt’altro che banale ed automatico. Silvia scopre che “Un fatto innanzitutto si ospita, anche se non si capisce del tutto. Ho scoperto che quanto più riparto dal ‘sì’ iniziale, tanto più mi sento crescere nella coscienza di chi sono e di cosa faccio al mondo”.

E poi la testimonianza di un ragazzo affidato. E’ l’esperienza di Emanuele, figlio di Massimo. Con una libertà veramente significativa, Emanuele di fronte a tutti, legge un sms che ha deciso di inviare ai suoi genitori naturali il giorno di Natale. Scrive ringraziandoli per averlo messo al mondo nonostante non abbiano avuto il coraggio e la forza di tenerlo con lui.

La testimonianza ha provocato, positivamente, delle domande: chi può permettere una letizia e una libertà del genere? Chi può far fiorire un amore così nel cuore di chi è stato ferito? L’essere veramente accolti ed amati.

A chiudere l’incontro l’intervento del sindaco di Ascoli Piceno, Guido Castelli, che, nel clima di cordialità e schiettezza dei racconti ascoltati, ha voluto condividere l’esperienza di affido che sta vivendo insieme a sua moglie.

Dopo una serata così intensa resta la commozione e la gratitudine per aver avuto ascoltato esperienze di letizia compiuta nell’ospitalità, nell’accoglienza. Il libro di Giussani non è materia rivolta agli ‘addetti ai lavori’, ma interpella il cuore di ogni uomo, che desidera più di ogni altra cosa qualcuno che lo ospiti così com’è, nel proprio peccato, nella propria miseria, nella propria meschinità. E che questo amore possa essere portato a tutti.