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Affido: “E’ nel tempo che uno sguardo di benevolenza si impara e si acquisisce”

Lo scorso 8 febbraio a Milano, incontro del gruppo affido di Famiglie per l’Accoglienza. Il racconto di Maria Elena.

Hanno partecipato molte famiglie al nostro incontro mensile e la serata è stata particolarmente ricca di testimonianze, di racconti intensi, colmi di serietà, preoccupazione, struggimento per il futuro di questi figli in affido.

Partendo dalla testimonianza di una famiglia che, dopo un affido concluso, si è riaperta con entusiasmo e desiderio ad una esperienza di accoglienza  di una bimba e della sua mamma: “Avevamo dentro un desiderio coltivato in questo luogo e il lunedì in cui ci è stata fatta questa richiesta. Abbiamo detto subito di sì. Il martedì abbiamo incontrato la mamma e il sabato la bimba già era a casa con noi”.

E poi il racconto di un famiglia che fa affido da tanti anni, i cui figli sono quasi nella fase di un rientro familiare, che appare molto dubbio e problematico presso un nucleo di origine fragile e sconnesso: “Cerchiamo di mantenere dei rapporti che a volte non sono così graditi da nostra figlia. Sempre ci mette alla prova domandando un giudizio sulla mamma”.

Le preoccupazioni e le domande della famiglia affidataria sul futuro dei figli sono molto serie e interrogano di significato: permettere ai nostri figli di prendere sul serio la loro origine, figli di genitori problematici, senza giudicarli, senza disprezzarli, ma allo stesso tempo ‘facendoci i conti’. Questo sguardo che noi genitori affidatari portiamo alla famiglia di origine si riflette come possibilità per i nostri figli, perché possano fare una esperienza di libertà, riappacificandosi nel tempo con la loro origine.

Una madre affidataria ha chiesto: “Ma da dove può nascere questo nostro sguardo purificato?”.  Alcuni hanno testimoniato un cammino e un cambiamento che è avvenuto “loro malgrado” pur nelle difficoltà quotidiane, accogliendo le circostanze. Un papà ha detto: “E’ nel tempo che uno sguardo di benevolenza si impara e si acquisisce, quasi di pari passo alla tenerezza che si ha su di sè”. E proprio standoci, spesso soffrendo sia moralmente che fisicamente, è nato uno sguardo pieno di tenerezza, per i propri figli e le loro famiglie di origine, ma anche innanzitutto verso se stessi.

La serata è continuata con il racconto di accoglienze difficili, di figli con gravi situazioni di trascuratezza e violenza da parte dei genitori naturali. Alcuni diventati loro stessi violenti, come grido di desiderio di appartenenza. Figli che sono stati ‘contenuti’, perdonati e abbracciati dai genitori affidatari, e che in questo modo, a loro volta hanno imparato a chiedere scusa.

Ma anche una testimonianza di nonna affidataria che racconta di una esperienza di resilienza, della propria figlia ormai adulta e lei stessa diventata mamma, con un forte desiderio di bene e di pace con se e con la propria origine, dopo anni di dolore.

Questo incontro è stata l’occasione per andare davvero al cuore di quello che viviamo. Pur raccontando fatti tragici lo sguardo di chi raccontava non era determinato da un’ottica disperata, ma da passione, capacità di ripresa e di perdono.