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“Aprire la propria casa all’accoglienza matura la famiglia, la fa diventare più se stessa”.

Lo scorso 10 marzo la presentazione del libro Il miracolo dell’ospitalità a Maccagno.

“Un gruppo di famiglie affidatarie si trovano a discutere una proposta di convenzione con il Comune di Milano (siamo nel 1982); l’iniziativa non va in porto, ma chiara è la percezione che quel ritrovarsi è una possibilità di bene. Da qui la decisione di creare l’associazione Famiglie per l’Accoglienza, che dopo non molto tempo comincia a diffondersi in Italia e all’estero”. Così Marco Mazzi, medico e presidente dell’associazione, ha ricordato l’inizio dell’avventura dell’associazione. L’incontro ha avuto luogo in occasione dell’incontro di presentazione del libro di Luigi Giussani “Il miracolo dell’ospitalità”, che si è tenuto sabato 10 marzo scorso presso le scuole elementari di Massagno (CH) per iniziativa di Famiglie per l’Accoglienza Svizzera, in collaborazione con il Centro culturale della Svizzera italiana.

Mazzi ha subito precisato che questa iniziativa “Non è nata per un progetto mosso dalla presunzione di svuotare gli istituti, ma perché l’accoglienza è dimensione costitutiva della vita della famiglia: accoglienza tra marito e moglie, accoglienza dei figli, dei genitori. L’accoglienza è strettamente connessa con la gratuità: l’altro c’è perché è un bene, non per quello che mi serve. L’aprire la propria casa all’accoglienza – con le fatiche e anche i fallimenti che essa può comportare – matura la famiglia, la fa diventare più se stessa. E questo è un modo con cui Dio indica delle strade da percorrere”.

Ma questo inizio ha visto un passo decisivo nell’incontro con un padre, don Luigi Giussani, che “Ha riconosciuto in noi qualcosa di cui noi eravamo solo pallidamente consapevoli. Lui ci ha aiutati ad arrivare alla radice dell’accoglienza, l’esperienza dell’uomo peccatore, accolto e abbracciato dalla misericordia di Dio. L’accoglienza è dunque obbedienza e disponibilità totale, come risposta alla totale accoglienza da parte di Dio”.

Quando l’uomo si scopre frutto di un dono, può diventare dono per gli altri. In ogni persona che viene accolta c’è un cuore che pulsa, che desidera il bene, anche se ha fatto tanti errori; un bene che si può scoprire assieme.

L’ospitalità non è un dare qualcosa, ma è il dare tutto, è implicazione di tutta la vita, ripeteva don Giussani. E Mazzi ha documentato tutto questo con toccanti esempi. La storia di Famiglie per l’Accoglienza si è diffusa senza progetti e programmi ma come per un “contagio” tra famiglia e famiglia. “E in questo cammino la compagnia è di decisiva importanza” – ha sottolineato Mazzi – “da soli non ce la si fa”.

La testimonianza di Mazzi ha incontrato il vivo contributo di Franco Lardelli, giudice e presidente della Camera di protezione del Tribunale d’Appello del Cantone Ticino. Lardelli ha ricordato con un accento di viva gratitudine l’incontro, al tempo degli studi universitari, con il movimento di Comunione e Liberazione e l’esperienza di accoglienza vissuta. L’incontro con don Giussani, con don Corecco, con un giovanissimo Mauro Lepori e altri compagni di studi di diritto. Poi le strade si sono divise; il matrimonio, il gruppo di lettura biblica, l’impegno con un gruppo di famiglie… “Ma – ha sottolineato Lardelli – quell’esperienza di accoglienza di tanti anni prima non è andata perduta ed è parte viva del mio cammino”.

Nella lettura del libro Lardelli ha colto le dimensioni decisive sottolineate da don Giussani: “L’accoglienza del diverso, il perdono, l’esperienza della compagnia, che caratterizza così fortemente CL”.Lardelli ha poi evidenziato “l’importanza del rapporto con le istituzioni pubbliche e del lavoro per aiutare le famiglie in difficoltà a vivere il rapporto con i figli o i genitori anziani”. Concludendo ha ricordato la famiglia dei santi coniugi Martin, che ha vissuto in modo così esemplare l’accoglienza.

Ricco il dialogo che è seguito – aperto dalla testimonianza di Licia, moglie di Mazzi. In conclusione Renato Ricciardi ha sottolineato che Famiglie per l’Accoglienza è un bene per tutti, che chiede un’ulteriore responsabilità nell’espressione culturale dell’esperienza e nel dialogo con le istituzioni.

(Qui la notizia de Il Giornale del popolo, edizione del 12.03.2018)