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Invito alla lettura: dalla dispensa di don Michele Berchi “Gratuitamente avete ricevuto…”

Proseguiamo i suggerimenti di lettura. Si tratta di una dispensa di Famiglie per l’Accoglienza, che riporta l’intervento di don Michele Berchi – rettore del Santuario di Oropa-  in occasione del seminario nazionale a Peschiera del Garda nel novembre 2018: “Gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date”. Ne riproponiamo la lettura attraverso l’aiuto che ne ha ricevuto una nostra amica nel vivere la situazione attuale.

“Rispetto alla convivenza quotidiana con marito e figli, più stringente per l’isolamento che ci è richiesto, mi è stata molto d’aiuto la parte della testimonianza di don Michele sulla preziosità della differenza, in particolare nel matrimonio” (pagg.17-21)

Quando sono tornato dal Perù, Carrón mi ha chiesto di incontrare le persone e le famiglie che, sollecitate da un suo richiamo fatto a una Fraternità, si erano fatti avanti per andare in missione. Io ero fresco fresco di questa esperienza, quindi incontrare queste persone poteva essere un aiuto per capire come e dove, e che posizione avere per proseguire questa disponibilità.

Così incomincio a incontrare delle famiglie. A un certo punto ne incontro due, una con cinque figli, l’altra con uno. Mi dicono che vogliono partire in missione, che sono disponibili e vogliono capire come si fa e cosa si deve fare. Guardando la prima famiglia, mi sono detto: «Hai cinque figli, minimo ci vuole Dio per trovare una soluzione, un posto dove sia ragionevole che tu vada». Il figlio più grande avrà avuto 7 anni… i primi due erano adottati, perché all’inizio sembrava che lei non potesse avere figli naturali, ma poi ne avevano avuti altri tre, nati da loro. Dunque, ho detto loro: «Ne parliamo; se il Signore vuole, cercando, ci sarà un’occasione». Li ho fatti anche incontrare con Carrón perché erano veramente dei bei tipi. Fatto sta che un mese dopo salta fuori una richiesta da parte di padre Aldo che sembrava quantomeno affrontabile, proponibile. La signora che si occupava dell’orfanotrofio dove Padre Aldo ha accolto tanti bambini non poteva più farlo, per cui si era ipotizzato che potessero andar lì due nuclei familiari per fare un po’ da capi-famiglia in questa famiglia allargata. Affrontiamo la questione e comunico loro questa possibilità.

La famiglia con i cinque figli è entusiasta, mentre l’altra reagisce diversamente. Il marito, che aveva una posizione di lavoro molto buona, è contento, possibilista; la moglie lo è un po’ meno, comincia a fare obiezioni. Una persona bellissima, intelligentissima. Era la prima a capire che le obiezioni erano facilmente smontabili, tuttavia avvertiva un disagio che non riusciva a mettere a fuoco. Decidiamo di parlarne, anche perché la partenza non era in ogni caso imminente. Ci rivediamo dopo un po’ di tempo, la questione si definisce un po’ meglio in termini di possibilità, e naturalmente nasce l’idea che, per sistemare cinque figli e due famiglie, sarebbe stato meglio andar prima a vedere, perché non si poteva arrivare direttamente con le valigie per rimanere lì. Ipotizziamo di andare in Paraguay – i primi già con le valigie, e il marito della seconda anche, visto che per il lavoro poteva prendere aspettativa – ma la moglie continuava a fare obiezioni. La posizione che venne a crearsi fu la più ragionevole possibile: il marito per primo – ma anche gli altri – convennero che se lei non era convinta non se ne sarebbe fatto niente, non si poteva mica portarla giù a forza in valigia! Con molta pazienza, con molta attenzione e rispetto per le sue obiezioni, siamo andati avanti così per un po’.

La situazione a prima vista sembrava la seguente: i tre avanti mille chilometri con i motori accesi e pronti al decollo, lei con i freni tirati che non riusciva a mettere giù il freno a mano, non si muoveva, mille chilometri indietro. Lì, durante un incontro con loro, mi è venuto un flash: e se fosse stato il contrario? E se fosse stata lei mille chilometri avanti e se il Signore le stesse facendo capire qualcosa che gli altri tre invece non avevano ancora capito? L’ho pensato e ho detto: «Bravo!», (come diceva don Giussani, le idee vengono, sono date). Ma mi ha fulminato pensare questa cosa qui. Mi sono detto: «Sapete qual è il problema? Il punto è che noi non ci trattiamo mai come un mistero, cioè non ci trattiamo guardando l’altro in un rapporto misterioso con il mistero, ma ci riduciamo sempre solo – come dice Carrón – agli antecedenti psicologici, sociologici, “universitologici”». Lo dico un po’ scherzando, ma ci si tratta così: pensi così o hai questa posizione perché sei un ingegnere, perché hai studiato, perché tuo papà è così o tua mamma è cosà, perché in famiglia eravate così, perché vieni da questo posto qui… cioè sempre riducendo l’altro a una spiegazione che precede, ai suoi antecedenti e mai invece guardandolo come un mistero.
Ciascuno di noi è in rapporto misterioso con Colui che ci sta facendo ora, ci fa capire qualcosa ora, ci fa con questo carattere adesso, con questa sensibilità adesso, e in un matrimonio questo conta ancora di più, perché questa è la ragione del matrimonio… mentre si pensa che la diversità nel matrimonio sia un danno collaterale, per cui “siamo insieme per le cose che ci uniscono e su cui siamo d’accordo, poi naturalmente siamo diversi e questa roba qui va un po’ sopportata, limata nel tempo, ci aggiustiamo”, come se il punto fondamentale fossero le cose su cui siamo d’accordo! Io dico il contrario: che la diversità è la ragione di un matrimonio, cioè che il motivo per cui ti è stata data quella donna o quell’uomo lì è perché introduce nella tua esperienza una diversità di cui tu hai bisogno, che continuamente ferisce, riapre la ferita, un cammino, il tuo cammino verso Cristo; il cammino di pienezza che il Signore ti ha dato e che, come Carrón ha ricordato, è dato da Lui. Ma qual è la funzione dell’altro, in che senso l’altro è segno? Non è segno perché ti ricorda Gesù, è segno perché, introducendo una diversità, ti spiazza sempre, anche quando sbaglia. Non vuol dire che il marito abbia sempre ragione (di questo so che non c’è bisogno che vi convinca…), non è che l’altro abbia sempre ragione, ma che, anche con i suoi errori, ti spiazza. Non solo nella fatica ti spiazza, naturalmente… spero che anche dopo anni di matrimonio voi possiate ancora dire: «Meno male che ci sei tu, meno male che tu sei fatto così, meno male che ci sei tu perché la tua diversità arricchisce e sana una mia incapacità».

È evidente che essere spiazzati da questa diversità costa, ferisce, ma è la ragione per cui ti è stata data quella persona lì. Il Sacramento è proprio il fatto che il Signore garantisce di tenere insieme tutto questo, nella completa diversità, addirittura nel tradimento dell’altro… Il Signore, cioè, ti dice: «Anche quella diversità lì, dovuta al suo peccato, dovuta alla sua libertà, alla libertà dell’altro che tradisce, anche questo io userò per il tuo cammino». Questo è il Sacramento: che tutto è dentro quel cammino lì. «Io ti giuro – dice il Signore – che non ti tradirò su questo. Useremo anche quella diversità lì per farti venire a me». Ma senza arrivare a questo estremo, dico che questo modo di guardarci è fondamentale, perché guardarsi come in un mistero, guardare l’altro come in un dialogo misterioso di cui io ho bisogno e che è dato a me, è un punto di partenza diverso. Accade talvolta in un rapporto (tanto più tra marito e moglie, quando evidentemente il marito ha ragione!!!) che uno continui a pensare: «Come fai a non vedere che ho ragione, quando è chiaro che è così?». Ma se la domanda fosse: «Che cosa vedi tu che non vedo io, dal momento che è impossibile che tu non mi dia ragione? Ma allora che cosa vedi che io non vedo? Che cosa introduci dentro il nostro rapporto? Che cosa introduci tu, o che cosa il Signore sta introducendo a me attraverso di te?».
Guardate non vi sto dando la ricetta per non litigare, anzi quello che dirò dopo vi farà litigare di più, ma vi sto dicendo da dove si riparte. Se questa diversità, questa fatica, mi è data attraverso di te, o si riparte da lì – dal giudizio per cui quella fatica lì è da fare, perché è per me – o si riparte cercando di dimenticare. Ma, arrivo alla conclusione che è più scandalosa della premessa, se è vero che l’altro è un mistero, e in un misterioso dialogo ti è dato così, allora provate a rovesciare la questione: significa che tu non puoi sottrarre la tua diversità nel rapporto con l’altro e che, per la responsabilità che ti è data, non puoi, per “bontà” o per paura del conflitto, tirarti indietro, tirare indietro quello che sei, omettere quello che tu senti o capisci, la tua sensibilità. Se lo fai, defraudi l’altro privandolo di quella diversità che il Signore ti dà. Capite che è come se vi incitassi a una guerra atomica… ma non è così! C’è modo e modo di non tirarsi indietro, anzi il cammino è proprio fatto per imparare a non venir meno, a introdurre quello che si è con carità, per quella gratuità di cui parlavamo prima, evitando di procedere con la violenza di un Caterpillar (visto che sono così, adesso tu mi subisci e ti spiano!).

Ci tengo a dirvelo, perché quello che io sono, quello che Tu, Signore, stai facendo di me, è prezioso, è dato all’altro; allora non posso venir meno. Il tirarsi indietro (a parte che poi lo si fa pagare dopo presentando la fattura con tanto di IVA, perché il cuore non può essere cancellato!) è spesso la ragione di un allontanamento tra marito e moglie, incomprensibile: «Ma come! Per anni ho cancellato me stesso per non avere conflitti, per favorirti, perché ti voglio bene…». Ma questa è una condanna, e poi fatta per bontà, per non litigare, perché “siccome non ci mettiamo d’accordo lasciamo stare”. Prima una volta, poi l’altra, poi un’altra ancora e alla fine “ciao”, ognuno va per conto suo… È impressionante come questa consapevolezza sia nata dal rapporto con quelle due famiglie.
Essere guardati come un Mistero, essere guardati come qualcosa di prezioso (non vuol dire che l’altro ti dà sempre ragione, o che devi sempre dare ragione all’altro o hai sempre ragione tu) implica che non puoi sottrarre quello che sei. Certo, devi continuamente imparare a introdurlo nel modo più utile, ma se ti sottrai viene meno la ragione per cui siete stati messi insieme. Guardarsi a partire dalla stima che il Signore ha per ciascuno di noi è un altro mondo.