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Fedeltà all’impegno preso anni fa o accoglienza presente?

Intervento di Claudio Pozzi al video incontro degli Amici di Giovanni
(19 Luglio 2020)

Abbiamo trascorso una settimana al mare insieme: Silvia, Giuseppe e io. Giuseppe, che ora ha 41 anni, ha dovuto essere servito e accudito totalmente. Non una volta ha ricambiato un favore. Anzi, si permetteva di essere provocatorio. Allora, sentendo Lepori parlare di reciprocità dell’accoglienza, mi sono chiesto: «Dov’è questa reciprocità? Qui tutto va a senso unico. Nei confronti di Giuseppe, noi esercitiamo un’accoglienza totale, non ricambiata». Cos’è, allora, questa reciprocità di cui parla Lepori?

Riascoltandolo e ripensandoci, mi sono accorto che la reciprocità di cui parla, non è una questione che si gioca tra me e Giuseppe, ma tra me e il Signore. Lui, infatti, mi ha accolto e mi accoglie continuamente, ne faccio esperienza ripetutamente (ma ora non voglio dettagliare questo, perché è un’altra la questione che mi preme). Mi chiedo: io come accolgo il Signore? Come vivo la reciprocità nell’accoglienza del Signore? A parole posso affermare di accoglierlo, ma nella realtà è vero che lo accolgo? Mi accorgo che è proprio Giuseppe, che rende concreto per me accogliere il Signore. Infatti, accogliendo Giuseppe io accolgo realmente il Signore. Certo, questo non è il solo modo, ma è quello che il Signore ha proposto in modo chiaro a me e a Silvia. E noi abbiamo detto il nostro “Sì”. Allora, non importa se lui non ricambia per niente le nostre premure e le nostre attenzioni: il nostro interlocutore è il Signore.

In questa esperienza, ci sono due aspetti che mi colpiscono. Il primo riguarda la necessità di accogliere continuamente. Infatti, per noi l’accoglienza non si è compiuta 39 anni fa, ma ci viene riproposta ogni giorno. Giuseppe è da accogliere totalmente e continuamente. Il fatto che mi importuni e mi assilli ogni giorno, è per ricordarmi questo. Rimandare tutto al sì pronunciato 39 anni fa renderebbe l’accoglienza un gesto del passato, o una semplice abitudine, o un peso da sopportare. Se fosse così, il rapporto tra me e Giuseppe diverrebbe opaco e inutile. La mia sarebbe solo una fedeltà all’impegno preso anni fa, non un’accoglienza presente. Invece, mi è chiesto un sì da ripetere più volte al giorno. L’accoglienza che il Signore esercita quotidianamente con me diventa reciproca nell’accoglienza che io vivo quotidianamente con Giuseppe. Certo la mia è piccola cosa, ma il Signore non mi chiede altro.

Da ultimo, mi chiedo: come faccio a dire che quando accolgo Giuseppe (e lui mi chiede questo decine di volte al giorno), io accolgo il Signore? C’è un segno inequivocabile. Ogni volta che mi prendo consapevolmente cura di Giuseppe, mi sento pervaso da un istante di letizia. Sempre. E’ fugace e di breve durata. Ma è sufficiente a farmi capire che in quel gesto è presente il Signore, perché la letizia proviene solo da Lui.