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Come si può stare accanto ad un padre o ad una madre che non son più quelli che erano?

Il 24 febbraio si è radunato a Milano il Gruppo Anziani: il racconto di Oriella

Dei collegamenti su Zoom, con quelle faccine striminzite e la voce che a volte si spezza, non ne possiamo proprio più, pure la sera di giovedì 24 febbraio, una quindicina di persone, per lo più sconosciute se non a chi le aveva invitate, hanno aperto audio e video e hanno condiviso
domande e fatiche che a volte non si mostrano neppure a chi si ha accanto.
Vorremmo accompagnare i nostri genitori anziani, chi più chi meno pieni di malanni, ma non ne siamo capaci.
Come si può stare accanto ad un padre o ad una madre che non son più quelli che erano? Come sostenere la loro depressione? la loro aggressività?
Come conciliare le loro esigenze con il nostro lavoro? la nostra famiglia? le nostre necessità?
Ma, soprattutto, come evitare di ridurre tutto ad un problema da risolvere? Come vivere anche questa situazione dolorosa come un’occasione?
Qualche secondo di indecisione e via, uno dopo l’altro a raccontarsi, non per sfogarsi ma per chiedere uno sguardo più vero, un cuore più fresco. E in un attimo erano le 22.30.
Ci siamo lasciati senza nessuna “istruzione per l’uso”, ma con la voglia di verificare sul campo qualche suggerimento: loro non sono solo i loro problemi, hanno lo stesso cuore pieno di desiderio che abbiamo noi; il loro primo bisogno è esser certi che tutto quello che adesso stanno vivendo abbia un senso, che anche questa loro miseria serva a qualcosa.
Ci siamo ritrovati pieni di stupita gratitudine: non siamo soli e l’incapacità che sperimentiamo ogni giorno non è l’ultima parola, e forse non ci è neppure nemica.
Davvero il nostro grido ha bisogno di un luogo dove possa esser espresso e ascoltato.
Nel desiderio di accogliere i nostri vecchietti almeno una cosa si è resa evidente: i primi a dover essere accolti siamo noi.
E fra un mesetto ci ritroviamo, speriamo in presenza.

Oriella Mazzoleni