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Attraverso la nostra debolezza la forza di una testimonianza

L’incontro tra famiglie del Piemonte e Valle d’Aosta del 4 febbraio è stato un nuovo inizio.
A tema la prima parte dell’incontro con il Cardinal Angelo Scola, durante il Seminario di Pacengo dello scorso novembre, in cui ha delineato questi due punti essenziali in ogni gesto di accoglienza: la formula che S. Benedetto usava per educare i suoi monaci all’unità “Con le nostre mani, ma con la tua forza” e che è necessario riprendere ogni giorno il rapporto diretto e personale con chi ci dona la vita, con il Dio vivo, per poter vivere ogni circostanza con letizia.
Nelle risposte del Cardinal Scola possiamo rintracciare le due idee guida del filo rosso, il testo di riferimento nei nostri incontri di quest’anno: la testimonianza di ciò che siamo non dipende da una nostra forza ma passa attraverso le nostre debolezze e il nostro agire non è il frutto delle sole nostre capacità.
Le testimonianze ed i volti dei presenti raccontano come questi punti non siano solo belle parole, ma che si possano vivere realmente.
Dalla fatica di una mamma affidataria nel periodo di rientro nella famiglia d’origine della bimba che avevano in affido, si sviluppa un crescendo di racconti e testimonianze che rendono più evidenti le parole di Scola: “siamo testimoni con la nostra vita, siamo quel ponte tra Dio e il fratello uomo che incontriamo”.
Ma cosa testimoniamo? Silvia sottolinea che siamo testimoni di un bene presente nella nostra vita ed in quella di questi figli che ci sono donati, per il tempo in cui ci è dato di stare con loro. “Adesso ci sono, il futuro è di un Altro”.
O ancora Valentina, provocata dalla frase di S. Benedetto dice “quando la forza di un Altro è entrata attraverso le nostre mani è diventata gratuità. Fai Tu Signore, perché io non posso farcela. E tutto fiorisce in un altro modo”.
Nel racconto di M. è stato evidente poi come la testimonianza passi attraverso la nostra debolezza. Le fatiche col figlio in affido, arrivato come uno tsunami imprevisto nelle loro vite, le ha permesso di riscoprire chi era suo marito e le sta facendo incontrare tante persone. Ciò che viviamo spesso colpisce più di tante parole.
Ma come è possibile aprire la porta di casa a storie così difficili? Come accogliere il figlio assumendolo fin dalla sua nascita, comunque sia venuta, come dice il Card Scola? Avendo chiaro, come dice Pia, che è Gesù che bussa alla porta, per questo è conveniente. E se c’è un naufragio? Non è detto che sia un naufragio totale, il Signore mette sempre a disposizione una scialuppa per ripartire, ma dobbiamo chiederGli di stare con noi.
La fragilità così diventa strada per crescere e nascono rapporti nuovi.
“Parrebbe una esperienza da super eroi” commenta alla fine una delle persone presenti per la prima volta. Ed in effetti vien da pensarlo sentendo alcune storie, ma è evidente che in ogni racconto, pur faticoso, c’è dentro una convenienza umana e di crescita personale che fa destare il desiderio di rimanere in questa compagnia, per guardare i volti e le esperienze di ciascuno, salendo insieme su questa barca, certi che “Chi guida è Uno che scrive dritto su righe storte”, come amava dire don Oreste Benzi.