Sono figli come i nostri
E’ stata una testimonianza forte quella che abbiamo ascoltato durante il pellegrinaggio di inizio anno. Ci ha aperto un mondo del quale sentiamo dire di tutto e di più, ma non con uno sguardo così…
Lorena e Francesco, famiglia con figli già grandi e vari nipoti, ci racconta che fin dal matrimonio hanno desiderato essere famiglia accogliente, tanto che hanno strutturato la loro casa con spazi adatti a poter accogliere tante persone e così è stata sempre la loro vita.
Durante il Covid, quando si poteva uscire solo da soli e solo per portare fuori il cane, Lorena passava davanti a una caserma con il parcheggio pieno di macchine di polizia, caserma che era diventata centro di accoglienza di migranti e questo la interrogava. Alcuni amici si stavano interessando a questi temi e loro hanno voluto capire di più e si sono aggregati.
“Si parlava di ragazzini minorenni che facevano disastri, confusione…Ma come?? Minori che sono qui da soli? Pensavo al confronto con i nostri…Sono qui da soli senza nessuno…
Siamo andati alla struttura dove erano alloggiati e abbiamo conosciuto le loro storie: è venuto fuori un mondo! Conosci qualcosa di loro e ti si aprono mille altre domande. ”
Un gruppetto di ragazzini ha accettato di raccontare la loro vicenda in un incontro tra amici, poi solo uno ha acconsentito di raccontarsi davanti a tanta gente, e ha commosso tutti. Anche lui era commosso per l’attenzione che gli era stata riservata. Alla fine i ragazzi di GS (studenti di Gioventù Studentesca di Udine), con i quali era nata un’amicizia, lo hanno portato al Meeting di Rimini dove, ancora una volta ha raccontato la sua storia nell’ambito della Mostra di GS e ha potuto incontrare un mondo speciale.
“Questo incontro con G. e i suoi amici è una cosa totalmente imprevista. E’ un’amicizia preziosa che ti cambia, che non ti lascia come prima, ti fa conoscere cose nuove, ti spalanca l’orizzonte, ti rimette in discussione. Cambi anche il pensiero che avevi verso gli altri paesi.
In realtà, dice Francesco, noi non siamo mai stati interpellati per fare questa accoglienza, per incontrare G.: è stato un percorso.
Questi ragazzi ti chiedono di essere guardati per se stessi, ci dicono: non siamo tutti uguali, non considerateci tutti dello stesso gruppo che fa disastri…
Rispetto a noi: noi ci siamo, ma loro hanno la loro libertà che dobbiamo rispettare. Quando hai un amico lo vai a trovare, gli telefoni, lo porti con te per fargli vedere in che mondo è arrivato, per fargli conoscere come stiamo insieme, lo aiuti nelle cose pratiche…ma senza pretese.
E’ stato un semplice aderire a una cosa iniziata da altri. Poi ti accorgi che dici un sì e non sai dove vai a finire…”