Festa della casa “Simone di Cirene”
Si è svolta nel mese di giugno l’annuale festa della Casa Simone di Cirene di Erba, realtà di famiglie e sacerdoti che vivono insieme, accogliendo dal 2014 preti o religiosi.
All’apertura dei cancelli, sostenitori, amici, volontari, curiosi hanno potuto visitare la casa ed il grande parco circostante, l’orto, l’ampio pergolato dove crescono i kiwi e le erbe aromatiche, il nuovo pollaio in legno costruito da uno degli ospiti, la falegnameria ed i locali espositivi coi manufatti realizzati dai volontari.
Abbiamo avuto poi la grande opportunità di ascoltare don Emmanuele Silanos, sacerdote della Fraternità Sacerdotale “San Carlo” e la dottoressa Anna Campiotti Marazza, psicologa, che ha seguito fin dagli esordi l’associazione “Famiglie per l’Accoglienza”, introdotti dall’amico giornalista Gigi Riva.
Nel suo intervento don Silanos sottolineava come chi fa esperienza di accoglienza diventi un punto di attrattiva per altri. Perché? Perché diventa al tempo stesso testimone e profeta, un segno per gli uomini, perché vive come proprio il compito che è di tutti: il compito della nostra vita è l’imitazione di Dio, che nella persona di Cristo amava tanto gli uomini che incontrava.
Chi accoglie, inoltre, diventa talmente consapevole della propria inadeguatezza che è continuamente alla ricerca di qualcuno che lo sostenga, alla ricerca di risposte. Don Silanos ha poi evidenziato i due aspetti dell’accoglienza, gratuità e familiarità.
Chi accoglie senza un secondo fine, si dona al punto da non ricevere un grazie, o addirittura da essere rifiutato o ottenere in cambio del male: ha colpito tutti il suo racconto di un padre aggredito dal figlio.
Infine l’aspetto più bello dell’imitazione di Cristo nell’accoglienza: la familiarità. Dio si è fatto uno come noi per coinvolgersi in ogni aspetto della nostra vita. Accogliere non è innanzitutto un grande gesto, un grande sacrificio, ma l’accettare la sfida della familiarità giorno per giorno, e dentro i giorni passa il senso della vita.
Anna Marazza ha toccato il tema dell’accoglienza nel matrimonio.
L’accoglienza, che sia il matrimonio o l’aprire la porta ad altri nella propria famiglia, è permettere a qualcuno di entrare in ciò che sei tu, serve a travolgere i muri e le resistenze in ciascuno di noi ed il primo riscontro è l’essere aiutati ad andare al fondo del tuo limite, della tua solitudine. Noi evitiamo questo, cercando di “recitare una bella parte”. Ma poter arrivare al punto di maggior solitudine dell’io è un dono grandioso. E lì, chiunque sente grandissimo il bisogno di qualcosa di più grande. Di fianco a qualcuno si arriva a riconoscere la propria impotenza, e sempre viene fuori la domanda: “Ci deve pur essere qualcosa che risponde a questa solitudine, ad un amore che non ci possiamo dare!”. Arrivati al punto del dolore mio e di chi accolgo, ci si guarda con una speranza ed una ricerca della salvezza molto più consapevoli.
La serata è proseguita con la S.Messa, l’apericena e canti fino a tarda sera, in compagnia di tanti amici; ringraziamo dunque, e ancora una volta, il Signore: ci ha regalato un altro momento in cui sono stati chiari il bene, l’amore, la stima e la premura di tanti che, ognuno in modo diverso, dalla sola preghiera ad una presenza costante, rendono possibile la vita della nostra casa.