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“Qual è la gioia più grande per un bambino? Sapere di essere figlio”.

“Qual è la gioia più grande per un bambino? Sapere di essere figlio”. Appunti sulla giornata di fine anno di Famiglie per l’Accoglienza delle Marche alla P.A.R.S. di Corridonia.

Don Emmanuele Silanos, Vicario Generale della Fraternità Sacerdotale di San Carlo Borromeo, ha portato il suo contributo all’incontro della giornata finale di convivenza della nostra associazione: “Un bambino di cinque anni di origine cinese, adottato da due miei amici, tutte le mattine, quando si sveglia corre nel lettone dei suoi genitori, si nasconde sotto il lenzuolo, poi si scopre e dice: ‘Ecco, adesso sono nato! Ciao papà, ciao mamma!’. Tutti i giorni così! È una cosa bella, ma anche drammatica. E mi ha fatto pensare: qual è la gioia più grande per un bambino? Sapere di essere figlio. Sapere di avere un padre e una madre. E, al contrario, qual è la sua paura più terribile? Quella di rimanere orfano, di non avere un padre e una madre. Lo stesso vale anche per noi adulti: qual è la nostra più grande paura? Qual è la paura più grande di un uomo o di una donna? Di rimanere orfani. Di non avere un padre e una madre”.

Don Emmanuele ha ricordato la naturalità dell’accoglienza nella famiglia e della necessità che ogni adulto ha di avere un padre e una madre perché: “Gesù è venuto nel mondo allo scopo di liberarci dalla paura – la paura di essere orfani, la paura che la mia vita non importi a nessuno, la paura di non appartenere a nessuno – per restituirci la nostra identità di figli, per ricondurre, cioè, la nostra umanità al Padre”. Don Emmanuele ha poi citato l’esortazione apostolica “Gaudete et exultate” partendo proprio dall’esperienza di appartenere, di essere figlio. “Ecco chi è il santo: è colui che si riconosce figlio, colui che sa di appartenere. In questo senso, non c’è che un’unica vocazione, non importa quale sia la forma dentro la quale siamo chiamati a realizzarla: quest’unica vocazione è quella alla santità. E infatti il Papa cita, nel suo documento, la famosa frase di Leon Bloy ‘L’unica tristezza nella vita è quella di non essere santi’, e la famiglia è la ‘prima forma che Dio ha stabilito perché l’uomo e la donna fossero santi’.

Il compito della famiglia non è solo rispondere alla sua vocazione e realizzare se stessi, ma è anche la strada attraverso cui Dio vuole cambiare il mondo. E’ necessaria la comunità per vivere la propria chiamata a diventare santo. La famiglia non può che ripartire sempre dal desiderio profondo di amarsi e non dal proprio limite”.

La condivisione aiuta anche a far riscoprire la povertà, come ha ricordato Don Emanuele raccontando di una famiglia, in gravi difficoltà economiche, aiutata in due modi semplici che hanno interessato la mamma e il figlio, che poi dice “Mamma, non ti senti una prescelta?. “In che senso?”. “Non senti di essere preferita? Io sì. Guarda che cose grandi che ci accadono”. E la mamma dice: “Pensa: io avrei detto che siamo una famiglia sfigata. Eppure mio figlio, no: lui dice che si sente preferito”. Il bambino ha scoperto il valore della povertà che è, paradossalmente, la strada della preferenza.

Don Emmanuele, a conclusione, ha ricordato, dopo alcune esperienze di accoglienza raccontate da diverse famiglie, che il “povero è colui che ha già tutto in Cristo e che in questo rapporto si sente preferito e amato e non ha bisogno di nient’altro. Povero è il bambino, che sa di dipendere da chi lo ama. Povero è il santo, che sa che la propria vita consiste nel rispondere a quella Presenza che lo ha chiamato a partecipare, assieme a Lui, alla salvezza del mondo.”

Con la gratitudine nel cuore per le parole di don Emmanuele e per il dialogo fatto insieme la giornata di convivenza, dopo l’assemblea dell’associazione e la celebrazione della Santa Messa, la giornata ha trovato la sua conclusione nel pranzo insieme e nel dialogo tra le diverse famiglie per concludere poi tutti insieme con alcuni canti. Grazie a tutti i partecipanti per la storia che insieme viviamo.