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Una gita in battello tra i canali sul Delta del Po’

Domenica mattina 26 maggio Famiglie per l’Accoglienza Veneto si sono ritrovate nel punto più a Sud Est del territorio regionale, l’isola di Barricata, nel parco Regionale del Delta del Po, per una gita in battello tra i canali del tipico paesaggio.

Per molti i luoghi e l’atmosfera erano  sconosciuti, ma anche per chi aveva già avuto occasione di visite precedenti, la navigazione, accompagnata  dall’illustrazione della storia dei luoghi da parte del comandante del battello, è stata ricca di  nuova suggestività e interessanti conoscenze: si è appreso che, in realtà, la nascita di quei luoghi, come sospesi tra cielo, acqua e terra, data solo circa 400 anni, e no n è stata solo frutto dell’opera della natura, ma anche dell’uomo: precisamente dei veneziani che, nel 1604, per evitare che i depositi del Po interrassero la laguna, ne hanno deviato il corso verso Sud, all’altezza di Taglio di Po (località che proprio da questo fatto prende il nome). E’ stata  illustrata la nascita di insediamenti e attività agricole a seguito delle bonifiche, successivamente abbandonate  per la subsidenza (abbassamento del livello) dei terreni  causata dall’estrazione del metano negli anni ‘60, e delle alluvioni che si sono susseguite; poi, la varietà di alcune meraviglie della natura, come la presenza di uccelli migratori, in particolare degli aironi rossi, che ogni anno, in primavera, partono dalla regione del Niger, dove ritornano all’inizio dell’autunno per venire a nidificare tra i canneti: insomma, luoghi e paesaggi, pur non lontani da noi, ma assai diversi dai nostri abituali, dove si può percepire che, sorprendentemente, la natura, anche intersecando l’opera dell’uomo, può mutare ed evolvere nell’arco di una stessa generazione.

Terminata la navigazione  siamo  arrivati alla seconda tappa della gita, la sede della Cooperativa Sociale don Sandro Dordi, che si era offerta di dare ospitalità ai partecipanti (circa un centinaio di persone più un numero imprecisato di bambini), in una tenuta  appena fuori il paese di Portoviro. L’impressione immediata è stata di un luogo accogliente e immerso nella natura, ordinato e ben organizzato.

Durante la messa, celebrata dentro una grande struttura a tenda di forma circolare, don Angelo richiamava al fatto che la Pasqua continua, e sottolineava che, nel Vangelo odierno, Gesù descriveva in cosa consiste la vita nello Spirito, cioè la venuta Sua e del Padre in ciascuno di noi: una dimora presso ciascuno di noi; non, genericamente, una presenza nel mondo, o nella Chiesa, ecc., ma nella nostra persona, dentro le circostanze della nostra vita, individuali e comunitarie.

E’ seguito il pranzo nella stessa sala, consistito in un’ottima pasta al ragù offerta dalla cooperativa e completato da ciascuno con quello che aveva portato con sé e, come spesso succede  nella casualità  con cui ci si dispone nei tavoli , anche in occasioni di incontro e di conoscenza con nuove persone  e storie particolari, di quelle che restano per sempre nel cuore, anche se, magari, ci si incontra una volta sola nella vita. L’impressione di attenta accoglienza da parte della cooperativa ha trovato definitiva conferma nella possibilità di godere, presso il loro punto di ristoro, di un buon caffè e, per i bambini, di gelati e dolci: una piccola, ma assai gradita, comodità, che non sempre è facile trovare nelle gite collettive: segno che qualcuno aveva pensato anche a quello.

Le ragioni di questa attenzioni si capivano tutte nel momento di testimonianza da  parte delle famiglie dei fondatori e soci: persone, come ha detto una di loro, abituate più a fare che a parlare, ma che attraverso il racconto dei fatti hanno saputo rendere chiaro quanto grande sia quello che è richiesto – in termini di desiderio, lavoro, incontri ed eventi provvidenziali, ecc.- perché accada il miracolo della costruzione di un luogo di accoglienza e di una dimora per chi cade in una dipendenza schiavizzante e da cui sembra impossibile uscire.

La cooperativa, infatti, si occupa di  reinserimento sociale, tramite varie attività lavorative, di persone in difficoltà. E’ nata da  un sogno tenacemente perseguito, ma diventato concreto a seguito di circostanze impreviste, di una famiglia di Portoviro, che l’ha fondata nel 2003, nel giorno dell’anniversario di matrimonio. Questa coincidenza è stata per loro come la prova che la loro unità era destinata ad allargarsi per diventare un bene per altri: primi fra tutti gli amici di sempre, che per primi si sono coinvolti. Ma le circostanze dello sviluppo di una storia sono sempre uniche e, spesso, drammatiche: per uno dei fondatori hanno preso il volto di un familiare caduto in un grave stato di depressione, e di un incontro, durante una vacanza di gruppo, con uno psichiatra friulano, presso la cui comunità è nata non solo la possibilità di recuperare pienamente la persona cara, ma anche di avere un confronto costante con i soci della cooperativa. Per poter gestire una realtà così delicata  è richiesta anche la necessità di formarsi gradatamente un tipo di competenza adeguata a gestire la delicatezza e la complessità dei rapporti con persone spesso ferite nell’animo, o tra queste  e i lavoratori “normali” che gestiscono le attività. Ci sono stati anche altri momenti difficili, come quando la sopravvivenza della cooperativa sembrava compromessa  per gli orientamenti pregiudizialmente contrari di una amministrazione comunale, che si sono risolti grazie  a una donazione personale di un amico sacerdote, che ha comprato la tenuta dove c’è la sede attuale: invece di  segnare la fine dell’esperienza questa circostanza ha rappresentato  l’occasione,  oltre che di nuovi e inscindibili legami, anche di sviluppare l’attività in maniera molto più ampia ed estesa di prima.  O la scoperta dolorosa di un figlio dedito a droghe pesanti che, dopo la ricerca affannata e infruttuosa di un punto d’aiuto in tutta Italia, si è deciso di aiutare in prima persona, coinvolgendolo nell’attività della cooperativa: oggi, sposato e padre, ne rappresenta uno dei punti di forza per l’aiuto alle persone che hanno fatto la sua stessa esperienza.

Dopo la testimonianza, un momento di festa con mitiche canzoni anni ‘60,  suonate dalla “reunion”del  complesso formato da alcuni soci in gioventù. Infine, l’offerta ai più piccoli di un giro su un cavallo o su un pony- la cooperativa, tra le varie attività, pratica l’ippoterapia-: un’ esperienza emozionante e imprevista, che non capita facilmente di  poter fare (per moltissimi, infatti, era la prima volta).

In conclusione, una giornata unica, ricca e goduta in tutti i momenti, dove si è sperimentata quella dimora annunciata proprio nel Vangelo di quella stessa domenica, e dove non c’erano  “accoglienti” e “accolti”, ma solo persone accomunate da un destino di compagnia, che è la bellezza e lo scopo di vita delle Famiglie per l’Accoglienza.