Tu sopresa, di bene, alla mia vita
L’incontro di venerdì 11 dicembre, il primo di questo nuovo anno sociale per le famiglie del Piemonte e Valle d’Aosta, è stata una vera sorpresa di bene: a partire dalla presenza di nuove coppie incontrate negli incontri organizzati insieme alla Pastorale della Famiglia della Diocesi di Torino, o per vicinanza con amici o perchè finiti “per caso” sul sito dell’Associazione, fino allo scoprire dopo tanti mesi di lockdown di nuovi arrivi e nuovi cuori che si aprono all’altro.
Antonello introducendo l’incontro racconta della sorpresa che ha vissuto a settembre quando gli è stato chiesto di diventare responsabile dell’associazione del Piemonte: “Mi è stato chiesto di prendermi cura di questa cosa che ha accudito la mia famiglia in questi anni. Abbiamo visto una gratuità bella negli amici che c’erano. Se apri la porta prima o poi qualcuno entra. E sono così arrivati oltre al primo figlio “Bio” anche un figlio in adozione e uno in affido”.
Cristina racconta di sè e di questi anni di attesa. “Per parlare di accoglienza non posso che partire dal mio matrimonio dove ho scoperto la prima accoglienza di me. Tante esperienze di bene che abbiamo fatto poi a partire da quel SI. Abbiamo detto tanti si quotidiani. Pian piano si è resa chiara la strada della nostra vocazione. Ma quel desiderio non esaudito è diventata una ferita”. Ferita che li ha portati a domandare e cercare, fino a incontrare questa storia e a capire che il si all’adozione era per una sovrabbondanza e non per una mancanza. Un cammino che li ha portati ad accorgersi che nella vita serve un punto di bene su cui poggiare la vita e che tutto ti è dato “da Uno che ti vuol bene e non ti vuole fregare. Oggi siamo mamma e papà di una bellissima figlia adottiva e sta per nascere nostro figlio biologico”.
M. e W. genitori in affido preadottivo di una ragazza di 13 anni raccontano: “Sembra un risultato, ma abbiamo capito che in questa storia non si guarda al risultato, ma al percorso. Siamo entrati in un percorso totalmente nuovo. Siamo approdati agli incontri della Pastorale della Famiglia della Diocesi di Torino e anche quello è stato un segno. Ci ha spinto una grande vocazione al senso di famiglia, ma capisci anche che non devi sentirti un supereroe. C’è un lavoro e una fatica. Abbiamo conosciuto Famiglie per l’Accoglienza e abbiamo trovato un ambiente accogliente. Siamo atterrati così nel volontariato del Santo Natale e abbiamo conosciuto altre persone splendide. Questa energia arriva da Qualcuno più grande di noi. Abbiamo sperimentato un bene immenso, anche se è una prova continua.”
Ritorna così la parola bene. Un bene che ti prende anche nella fatica della malattia e della prova.
Simona racconta di questi ultimi mesi, del Covid che ritorna a colpire la propria famiglia e di come ha riscoperto che “questa malattia è terribile perchè ti obbliga ad allontanarti da chi vuoi bene, ma proprio dentro questo distacco scopri un altro punto di vista. Rivedi le persone a cui vuoi bene con un affetto nuovo e lasci loro più spazio. Ho visto come mia figlia si sta trasformando, come è capace di vicinanza e amicizia anche in questa distanza obbligata dal lockdown ed educa me a cambiare il modo di guardare a tutto: amici, lavoro, casa”.
Rosaria racconta degli ultimi documenti per l’adozione che stanno per spedire in Russia e inizia dicendo: “Ogni essere umano ha bisogno d’amore e di donare amore. Bisogno che trova la sua soddisfazione nella relazione con l’altro da sè. Una relazione che realizza la sua compiutezza in quanto proviene dalla relazione con Dio e con gli altri esseri viventi.” Ricordando le parole di Gesù continua: “Ogni volta che avete fatto queste cose a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me. Considero questa frase per noi, che stiamo percorrendo la strada dell’adozione, sorprendentemente bella e realisticamente corrispondente al nostro sereno e gioioso stato d’animo! Eh sì, perchè non solo l’adozione in quanto tale è stata una scelta che ha sorpreso positivamente mio marito e me nel percorso della nostra vita, ma soprattutto perchè sentiamo il nostro piccolo che entrerà a far parte della famiglia come una sorpresa incommensurabile, che ci riempirà il cuore con le sue continue rivelazioni e il suo essere altro da noi; con la sua storia rappresenterà un arricchimento per noi, in una relazione di reciproca integrazione e di rispetto delle diversità altrui. L’accoglienza è far posto nel nostro cuore ad altri, comporta un grande rispetto per la storia altrui e per le diversità culturali e di etnia.
Il nostro cammino, difficoltoso in passato, in questo periodo di pandemia e di scoraggiamento generale è stato un leitmotiv di felicità, caratterizzato da una grande forza e da una colorita audacia, che ci consentirà di affrontare la vita con più consapevolezza e positività. Ovviamente questo è possibile solo nella condivisione con persone a noi care, come voi, che con squisita disponibilità rappresentate un faro che ci illumina in questa avventura”. Per questo motivo Rosaria conclude condividendo con tutti la dedica che sarà mandata al figlio, che entrerà a far parte della loro famiglia e che commuove il cuore dei presenti: “Avrei tante cose da dirti, il pensiero di te mi dà forza, mi dà vita! Ovunque tu sia, il vento soffierà forte, l’amore che da sempre nutro per te sino ad accarezzarti le guance e a smuoverti i capelli, ma soprattutto a riempirti il cuore di calore e a farti sussultare di gioia”.
Silvia ringrazia per per ciò che ha sentito raccontare e per come in ogni racconto sia emersa l’esperienza di una gratitudine. “Nella nostra storia, fin dal primo figlio, è stato chiaro che lui è altro da te, viene attraverso di te ma non lo fai tu. Questo dono l’abbiamo percepito di più poi nell’esperienza dell’affido. Ci ha fatto vivere intensamente il reale: ci ha fatto uscire dai nostri schemi. Ci ha costretto ad uscire a confrontarci, ci ha aiutato a sospendere il giudizio sulle persone. Le azioni sono giudicate, ma le persone no, il giudizio va sospeso. Abbiamo imparato a condividere una maternità e paternità con gli altri genitori, scoprendo molti nostri limiti e a non crederci onnipotenti. Abbiamo imparato qualcosa della gratuità. E’ la dimensione che il cuore desidera di più, imparare ad essere gratuiti.”
Sonia racconta: “Nostra figlia in questo momento è in piena adolescenza e sta cercando di capire chi è… anche per le sue scelte scolastiche, per il significato che lo studio ha per lei. In tutto questo, con gli alti e bassi di questo andamento, c’è una sofferenza. Ci sono momenti più sereni grazie a Dio. Questo bisogno di affrontare le questioni di mia figlia mi fa da specchio anche nel rapporto con colleghe al lavoro. Se mi fermo e chiedo aiuto, mi accorgo che la vita assume un aspetto diverso, e non sono più travolta dagli eventi”.
Tutti i racconti dicono di un bene e di una gratitudine, sia nell’attesa sia nel rapporto con i figli, a volte anche nelle difficoltà che ci possono essere, ma se siamo accompagnati tutto si può affrontare e vivere intensamente.
Affidiamo il cammino di quest’anno a San Giuseppe, protettore speciale di tutti i genitori adottivi e affidatari.