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Occorre sperimentare la bellezza per poterla donare a qualcun altro

Il 23 gennaio 2021 si è tenuto l’incontro “Tu, sorpresa alla mia vita” organizzato dall’Associazione di Bologna e nel quale abbiamo potuto sentire la testimonianza di una famiglia accogliente.

Lo scorso 23 gennaio le famiglie dell’Associazione di Bologna hanno avuto l’occasione di incontrare Pia e Luca, che hanno condiviso la loro storia di accoglienza.

Fin dal principio del racconto appare evidente che la loro storia era ed è tuttora piena di motivi per i quali ringraziare, ma che la gioia ricevuta non ha avuti né i tempi né i modi previsti dai loro progetti. A cominciare dall’impossibilità di avere figli biologici.

Affrontare questa grande difficoltà proprio all’inizio del loro cammino familiare li ha fatti come scontrare con una realtà imprevista, fumosa e poco chiara, nella quale le domande incombevano sempre più forti. Fino alla ricerca delle risposte a domande sul significato della vita stessa: “Se la vita dipende solo dalla scienza, io chi sono?”.

Anche quando si sono chiesti se intraprendere il percorso dell’adozione gli eventi non hanno preso la strada immaginata. Parlandone con un loro amico sacerdote hanno anche ricevuto un giudizio duro e tenero allo stesso tempo: “Adesso non adottate, ma vivete”. Gli consigliava di aspettare e concentrarsi su altro.

Affidandosi a questo consiglio Pia e Luca hanno avuto l’occasione di fare un passo in più nella realtà che li circondava, lasciandosi coinvolgere in piccole accoglienze di bambini che incrociavano le loro vite. “Nel tempo abbiamo capito che il bello dell’avventura della vita deve sempre ancora venire”. La strada non era quella prevista ma dopo aver accettato la proposta che avevano davanti si sono ritrovati pieni di vita e cambiati da questa pienezza. 

Seppur attraverso una strada diversa da quella che avevano immaginato, sentivano che era giunto il momento di fare domanda di adozione. Perché “Non si può fare domanda di adozione se non poggiando su un pieno. Ci era chiaro che avevamo avuto bisogno di sperimentare su di noi la bellezza dell’essere accolti per poterla ridonare a qualcun altro.”.

Dopo l’arrivo dei due figli la famiglia non ha smesso di restare aperta, anzi, l’insperata possibilità di andare a vivere in una casa grande ha anche permesso di accogliere tante altre persone e di verificare sempre di più che “fidarci del Signore che chiede di essere accolto è una cosa buona per noi”.

Ad aiutarli a mantenere questa posizione di apertura c’è stata e c’è anche oggi una presenza vitale, una compagnia nata con altre famiglie, che radica sempre di più la certezza di non essere mai abbandonati da Gesù.

Certo, la ferita dell’inizio non è sparita. Anzi, Pia sottolinea che deve restare aperta per poter fiorire, altrimenti imputridisce. Ma anche questa è un’occasione per capire di più la ferita aperta dei loro figli: “Questa non compiutezza del desiderio iniziale è un punto su cui lavorare, perché approfondisce la capacità di sguardo e di abbraccio dell’altro”. 

L’incontro si è concluso con un invito rivolto a tutti: “Non censuriamo nulla della nostra vita, ma mettiamoci insieme per aiutarci nello stare di fronte a tutta la realtà, perché il Signore opera solo se noi gli diciamo di sì”.