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Un amore totale, senza ritorno. Concluso il minicorso affido a Udine

A  marzo si è tenuto il percorso affido in presenza a Udine. Tre serate di ascolto di esperienze di famiglie affidatarie e una cena finale dove conoscersi un po’ di più e scambiarsi le impressioni su quanto ascoltato.

Le esperienze che le famiglie affidatarie hanno generosamente voluto condividere sono state molto intense e ricche. A partire da F. e V., che hanno raccontato di aver imparato a rispettare il limite dell’altro, fino a guardarlo con una tenerezza sconosciuta prima, partendo dal rispetto dei tempi diversi di marito e moglie nella decisione di aprirsi all’accoglienza. Poi E. e S., che a partire da un desiderio bruciante di maternità di S. sono passati al desiderio di un rapporto “limpido” con l’altro, cioè senza “ritorno”. E sono stati condotti a sperimentare questa tipologia di rapporto con l’altro totalmente gratuita, per poter affrontare le difficoltà dell’affido di G., arrivato a 12 anni e rientrato a 18 nella sua famiglia di origine dopo anni di grande conflittualità. “In questo percorso abbiamo imparato tante cose di noi stessi che non sapevamo. Ci credevamo pazienti e tolleranti e abbiamo scoperto di non esserlo: abbiamo dovuto impararlo, oltre a tante altre cose che quest’esperienza ci ha regalato: l’ironia, la stima, la capacità di ripartire sempre, di condividere…”.

Nella seconda serata C. e M. hanno raccontato del loro affido, diventato residenziale dopo due anni e mezzo di affido diurno e nei week end. Hanno dovuto fare una scelta per l’affido che ha comportato l’abbandono della strada dell’adozione, che avevano intrapreso diversi anni prima. “Non ce la siamo sentita di lasciare M. per strada”. Una scelta d’amore, quella di C. e M., che accettano di lasciare la strada più “definitiva” dell’adozione, per prendere quella insicura e temporanea dell’affido.  Scelta della quale non sono per nulla pentiti, anzi parlano con orgoglio del loro bambino che a scuola “pensa ai compagni che sono in difficoltà”.

La dottoressa Chiappa dei Servizi dell’Azienda Sanitaria di Udine, nella seconda serata spiega la complessità dell’intervento di affido e il ruolo degli operatori, che cercano di “fare quello che possono entrando in punta di piedi nelle situazioni”, tenendo sempre ben presente che il bambino è (e va tenuto) al centro di tutto il progetto.

Le ultime testimonianze sono di G., che racconta di come ha iniziato l’esperienza dell’affido, frequentando insieme a sua moglie una casa di accoglienza di bambini. Racconta della paura iniziale e poi della consapevolezza che “non dovevamo essere diversi con i bambini, dovevamo essere semplicemente noi stessi: loro chiedono solo di stare con loro, di essere voluti bene”.

Poi il racconto di I. e C. di Trento, che hanno condiviso un esperienza di grande profondità. Dalla decisione di aprirsi all’affido per vivere in modo più intenso, cioè per vivere come le famiglie che avevano incontrato e che li avevano stupiti, alla fatica di dover accompagnare al rientro nelle loro famiglie dei bimbi che erano arrivati da loro da piccoli. I. non ha esitazioni nel dire che “il legame che si crea è per sempre. Questo salva e da senso anche ad affidi che finiscono. Sono sicurissima che i bimbi vanno via con qualcosa dentro, che verrà fuori a suo tempo. Questo rende umano il distacco, che è molto doloroso”. Nonostante questo dolore raccontano di come questo percorso li abbia resi più gioiosi e abbia aperto e umanizzato la loro casa. “L’affido è un’esperienza entusiasmante – dicono – che fa fiorire l’umanità. Il distacco fa imparare ad amare. Si fa l’affido per imparare cosa vuol dire amare”.

Tutta la bellezza ascoltata non ha mancato di colpire le persone che partecipavano per la prima volta ai minicorsi. Una persona ci dice alla cena finale che non dimenticherà mai la storia di I. e C. di Trento, l’esperienza di un amore totale, senza ritorno. Un altro  ci dice:  “E’ stata un’esperienza di una intensità umana difficile da dimenticare. Non erano racconti preconfezionati, ma vita reale, le persone erano sincere, non nascondevano i loro errori e i loro limiti ma li condividevano con semplicità”.

Ciò che domina nei volti di questi amici appena incontrati è uno stupore. Una coppia ci dice: “ma dovete raccontare in giro queste cose, perché nessuno sa che c’è gente che vive così e bisogna che si sappia”.