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Si può accogliere oltre gli ostacoli

Lo scorso 12 marzo a Bologna si è tenuto l’incontro testimonianza dal titolo “Si può accogliere dentro un’esperienza di ingiustizia e di incomprensione?”

Alle volte si parte con il desiderio di affrontare un’esperienza buona e positiva ma la vita ci mette di fronte a passaggi faticosi, che portano in sé un seme di ingiustizia. Come possiamo vivere una circostanza così? Come stare di fronte alla fatica del dolore che si prova vivendola?

“La coscienza che stare con noi era diventata una condizione stabile metteva in crisi sia lui sia noi. Dopo aver passato il primo pomeriggio da noi, in cui abbiamo guardato un cartone in tv, è saltato giù dal divano e ha detto «voglio tornare dagli altri». E io ho pensato: partiamo bene!”.

Comincia così la testimonianza di Giorgia, Marco e Filippo. Un inizio insolito e inaspettato. E che è proseguito con le accuse lanciate contro di loro da parte della famiglia d’origine del bambino che avevano avuto in affido, evento che ha fatto nascere incredulità, paura e sconcerto e che li ha portati persino in tribunale. Un anno di croce nella quale Giorgia non sapeva cosa fare, sentendosi vittima di un’ingiustizia immeritata.

In quel periodo la vita familiare era messa a dura prova e non era più serena, terrorizzati dal fatto che qualsiasi cosa potesse essere in quale modo usata contro di loro in quella battaglia ingiusta; il senso di solitudine e di impotenza di ognuno di loro era molto forte.

Anche Marco ricorda come quel periodo fosse così duro da portarli a mettere in discussione lo stesso affido, fino a pensare di rinunciare.

“Ma anche in mezzo a tutta la confusione che avevo in testa, era comunque chiaro che rinunciare all’affido non ci avrebbe aiutato” – racconta Giorgia – “Era chiaro che occorreva ritornare all’origine e riscoprire il valore, dare un senso nuovo a quello e anche al nostro rapporto di coppia”.

“Abbiamo dovuto ripartire dalla nostra coppia, dandoci ragione delle nostre azioni. […] Abbiamo frequentato il gruppo affido di Famiglie per l’Accoglienza e lì ci siamo sentiti accompagnati, accolti con le nostre perplessità, sbagli e inadeguatezze. Siamo stati aiutati a ricentrare il nostro sguardo. La misericordia che abbiamo sentito ci ha aiutato a cambiare lo sguardo su di noi, sul nostro stare insieme, su nostro figlio. Decidere di proseguire nell’accoglienza ha voluto dire accogliere le nostre diversità, è stato come un circolo virtuoso. La nostra accoglienza vicendevole ci ha introdotto all’affido, ma poi è stata l’esperienza con il gruppo affido che, come per osmosi, ci ha permesso di ri-accoglierci tra noi quando ne avevamo bisogno”.

E poi di nuovo, dopo un periodo in cui sembrava tornata la pace, quando il figlio affidatario è diventato grande sono ricominciati i problemi. Vecchie conoscenze si sono ripresentate, nella sua vita e in quella della famiglia di Giorgia e Marco, portando a situazioni difficilissime, fino a costringerli ad allontanamenti per lunghi periodi di tempo.

A un certo punto sono arrivati a dire “Cosa possiamo fare per lui? Esserci, nonostante i suoi tradimenti e incoerenze. Darci del tempo e dargli del tempo. Ecco, stargli vicino senza la pretesa di cambiarlo ha inaspettatamente dato origine ad un rapporto così vero che non c’era più niente di dovuto. Il cuore si è finalmente sentito in pace”.

Giorgia e Marrco chiudono raccontandoci gli ultimi fatti accaduti: nella vita di questo ragazzo c’è stata di recente una svolta e oggi la situazione è completamente diversa e il figlio “perduto” è tornato a chiedere di riprendere il rapporto con loro. Ma resta nell’aria la frase finale di Marco “Questo è ora, nessuno ci garantisce nulla di domani. Ma noi abbiamo sperimentato che il bene è per sempre”.

Anche Filippo ha vissuto un’esperienza complessa, pur se molto diversa da quella dei genitori a causa della posizione e dell’età al momento dei fatti. Di tutto ciò che racconta due passaggi colpiscono particolarmente, segnano i punti nodali: “… E mi sono chiesto: ok, è un casino… io come posso fare a respirare? Con i miei amici! […] Una delle cose più stupefacenti è notare come tutta la mia vita sembra essere stata pronta ad accogliere mio fratello quando tornava (spesso in un momento davvero scomodo!). Anche quando sembra che non passi nulla, le radici chissà dove arrivano. Non vediamo le nostre, figurarsi quelle di un altro”.

Alle volte ci è solo chiesto di custodire il seme che ci viene affidato.