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Luca Sommacal

“Scoprire tra coppie il fascino della vita”

Il desiderio dei giovani di diventare genitori, la realtà incerta che scoraggia. Eppure «mettere al mondo dei figli e accoglierli è un “prendersi cura del mondo”». Da “Avvenire”, un contributo di Luca Sommacal, presidente di Famiglie per l’Accoglienza

Maternità come “missione” e come massima aspirazione per le ragazze più giovani: il dibattito in corso ci porta direttamente nel vivo di una delle problematiche più allarmanti e contraddittorie dei nostri giorni: da un lato la difficoltà (a volte proprio l’impossibilità) di pensare a metter su famiglia e sostenere la conciliazione maternità-lavoro, dall’altro il preoccupante calo delle nascite e l’invecchiamento della popolazione. Ma ancora prima, forse, occorre domandarsi se non sia meglio parlare di maternità e paternità, cioè avere dei figli come “scelta” condivisa tra due persone che decidono di intraprendere la straordinaria avventura dell’essere genitori. Nella nostra esperienza di associazione di famiglie adottive e affidatarie incontriamo molte giovani coppie che vivono il grande desiderio di avere figli e che maturano la disponibilità ad accogliere un figlio non nato da sé, a spalancare le porte a un altro ignoto, che diventa inequivocabilmente parte integrante della propria vita. Il cammino verso questa disponibilità approfondisce e arricchisce la dimensione generativa del rapporto coniugale: una relazione che si sviluppa come accoglienza e apertura oltre i propri limiti.

Per chi percorre questa strada si fa via via più chiaro che accogliere dei figli e metterli al mondo è una grande testimonianza di speranza e una responsabilità che non riguarda solo noi stessi ma ci proietta oltre: è un “prendersi cura del mondo”. Le parole del Papa in Amoris laetitia aiutano bene a comprendere il fascino di questa prospettiva: «Nella loro unione di amore gli sposi sperimentano la bellezza della paternità e della maternità; condividono i progetti e le fatiche, i desideri e le preoccupazioni; imparano la cura reciproca e il perdono vicendevole. In questo amore celebrano i loro momenti felici e si sostengono nei passaggi difficili della loro storia di vita. […] La bellezza del dono reciproco e gratuito, la gioia per la vita che nasce e la cura amorevole di tutti i membri, dai piccoli agli anziani, sono alcuni dei frutti che rendono unica e insostituibile la risposta alla vocazione della famiglia».

C’è, dunque, un patrimonio di bene che deve essere riscoperto, nuovamente guardato e valorizzato. Le oggettive difficoltà che oggi i più giovani incontrano nel cercare di creare una famiglia, le penalizzazioni che ancora scontano le madri lavoratici, la carenza di politiche familiari strutturali e permanenti vanno considerate e affrontate. Ma nell’impegnarci per superare questi ostacoli dobbiamo farci interrogare dalla questione nella sua essenza: mettere al mondo o crescere dei figli è avere la certezza di una promessa buona. È trasmettere una speranza sul futuro piuttosto che la paura o, peggio, la rassegnazione nell’affrontare l’incerto.

Ma come fare? Non si può imporre o applicare come una formula meccanica; è una fiducia che va educata e fatta maturare come esperienza prima di tutto dentro le stesse famiglie, che possono – per contagio, per osmosi, per passione – riscoprirsi luoghi di incrocio di generazioni, di apertura alla vita, spazio di crescita e di condivisione. Cosicché il fascino del mettere al mondo e accogliere un figlio possa sempre più investire le giovani coppie. È una consapevolezza che può maturare in modo più pieno se accompagnata da una rete amicale tra famiglie che sostiene la speranza come concezione del futuro, che testimonia una pienezza umana possibile e che quindi attrae e dà il coraggio per accogliere nuove vite.

Da Avvenire, 6 gennaio 2024

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