I fondamenti dell’accoglienza
FESTA DI FINE ANNO
Il 15 giugno ci siamo riuniti, con le nostre famiglie, presso la meravigliosa Villa Giacomelli di Pradamano che ci ospita da tanti anni per la consueta festa di fine anno sociale della nostra associazione.
Abbiamo incominciato con il dono della testimonianza di Elisa e Carlo, cari amici del Trentino, che ci hanno dato l’opportunità di approfondire e riflettere su parecchi argomenti molto interessanti per tutti noi.
Desiderio, gratitudine e incontro sono le 3 parole cardine nella loro esperienza di vita attorno alle quali si è sviluppato il loro racconto.
Elisa già da molto giovane era rimasta colpita da come vivevano le famiglie dell’associazione: pur con tanti problemi, vivevano con grande letizia, avevano una marcia in più.
Per Carlo il punto di partenza è stata la famiglia di origine che accoglieva la nonna: pochi discorsi ma ha avuto modo di guardare in diretta quello che era l’accoglienza.
Quando si sono sposati si sono resi conto di avere in comune lo stesso desiderio: nella loro casa era normale prevedere uno spazio per l’accoglienza.
Vivere l’accoglienza nella loro famiglia è stato quindi molto “naturale” anche se c’era il rischio della scontentezza e poi della superficialità; in realtà ha influito su tutti gli aspetti della loro vita compreso il lavoro perchè ha cambiato anche il modo di porsi nelle situazioni di responsabilità.
In più nel tempo si capisce sempre meglio quanto sia importante lo “stare” sia nelle circostanze scelte che in quelle non scelte.
L’accoglienza ti espone a fare i conti con i tuoi limiti e quindi sei “obbligato” a fare un lavoro su di te, non puoi rifugiarti nella tua confort-zone. Carlo ha raccontato che sentirsi accolto, guardato, riconosciuto nonostante il suo limite è stato fonte di un’azione rappacificante con il suo senso di inadeguatezza e questo gli ha fatto capire che poteva “dilatare” ad altri questa esperienza condividendola.
“ Vi auguro di non essere mai tranquilli..” diceva Don Giussani ne “Il miracolo dell’ospitalità”: va bene se questo allarga lo sguardo e mi fa scoprire il mio bisogno di essere sostenuto e perdonato. Bisogna essere aiutati continuamente a ricentrare lo sguardo
Ci hanno raccontato di come loro figlio li tenga sempre desti in questo senso siamo …”siamo sempre tutti al lavoro”…: a volte perdonare la diversità dell’altro non è facile e questo vale sia per i genitori che per i figli.
Cosa sostiene questa fatica? Innanzitutto non essere soli e condividere la vita con le persone più care e con gli amici richiamandosi su questi temi, riconoscendo ed evidenziando insieme i piccoli aspetti di cambiamento nostri e di chi ci circonda.
Anche la scoperta di un limite ha bisogno di un luogo dove essere consegnato: gli amici ci aiutano a guardare e a valorizzare anche queste caratteristiche che magari facciamo fatica ad accettare nei nostri figli. Oltre a ciò i gesti di vicinanza ci aiutano a dire di sì alle circostanze.
Non ci sono istruzioni per l’uso da dare alle famiglie ma si può guardare la realtà insieme e cercare di capire cosa desidera il cuore dei nostri figli.
Ci chiediamo: cosa noi desideriamo? Bisogna riconoscere il bene e farlo generare, la speranza va coltivata.
Purtroppo spesso pensiamo che la felicità dei nostri figli dipenda dalle loro performances: “…nostro figlio è un mistero di cui noi vediamo solo una parte, non è proprio tutto in mano nostra…”.
Alcuni dei presenti sono poi intervenuti evidenziando altri temi molto interessanti:
* “Mi pervade il senso di fallimento perchè la situazione non è risolta…”
La speranza viene dal fatto che noi sappiamo che abbiamo seminato qualcosa: quello che il bimbo ha vissuto con voi in famiglia è un bene che rimane. Noi non siamo chiamati a risolvere i problemi degli altri, possiamo solo farci prossimi. L’esperienza del fallimento è legata a questa aspettativa. A noi è chiesto di accompagnarli e di fare un pezzo di strada insieme.
Un’esperienza che magari sembra andata male ha fatto mettere le radici per fare altre accoglienze.
* “Cosa significa costruire ponti? Cosa vuol dire accoglienza in momenti pesanti?”
Più che bloccarsi su situazioni esplosive, bisogna cercare punti di contatto in cui potersi mettere in relazione. La prima cosa è non scandalizzarci di quello che succede, perchè sarebbe l’inizio della costruzione di un muro.
* Nell’esperienza del limite è fondamentale chiedersi: ma tu cosa desideri? Questa è la posizione giusta e vi ringrazio per averla sottolineata.”
Fondamentale che il figlio percepisca la nostra presenza: “Io ci sono”. Dobbiamo guardare cosa nostro figlio desidera e poi fare il tifo per lui.
Abbiamo concluso il pomeriggio con una bella merenda, “corredata” anche di gelato finale, continuando a raccontarci, con un po’ di più consapevolezza, del grande dono che è questa nostra bella amicizia.
E sempre molto grati ai signori Giacomelli che ci ospitano per questa bella occasione.