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“Nacque il tuo nome da ciò che fissavi”

Il titolo del Meeting 2019 è lo spunto dell’editoriale del presidente di Famiglie per l’Accoglienza, Marco Mazzi: una riflessione sull’esperienza e un invito a ritrovarsi a Rimini.

Il verso tratto da una poesia di Karol Wojtyla, scritta molto prima di diventare Papa Giovanni Paolo II, è il titolo del prossimo Meeting per l’Amicizia tra i Popoli che si svolgerà a Rimini dal 18 al 24 agosto e a cui parteciperemo insieme a tanti amici.

Il nome, per gli ebrei, ma anche per noi cristiani, è ciò chi ti fa riconoscere, con cui vieni chiamato, qualcosa che definisce l’essere della persona. Non è ciò che una persona fa, il suo ruolo, la sua competenza, la sua posizione sociale quello che la definisce; neanche la sua origine o appartenenza (che è legata casomai al cognome): il nome è quello che una persona è, il suo io, la sua originalità e unicità. E affermare che questo nasca nel fissare un altro, un Altro – perché nella poesia citata il Papa sta descrivendo l’incontro tra la Veronica e Gesù dopo la Passione e la Resurrezione – apre una dinamica vertiginosa.

Dicevo a mia moglie che a volte mi è più facile essere teso a capire che a vivere, mentre ci sono cose che si capiscono solo vivendole, e lei ha soggiunto: «Non si tratta di capire, neanche di vivere, ma di amare». Amare, fissare, avere gli occhi e il cuore spalancati a un presente senza alcuna premessa o condizione, è possibile sempre, ora, nonostante tutto. “Il tuo nome nacque da ciò che fissavi”: un’esperienza che apre al mistero di essere generati nel rapporto con un altro, con un Altro, dal suo sguardo, dalla sua presenza.

A volte nell’accoglienza ci si smarrisce nella dinamica di voler essere riconosciuti dai nostri figli, di desiderare che ci obbediscano, che vedano chi siamo per loro e tutto il bene che abbiamo loro voluto, tutto quello che abbiamo fatto per loro. Che ci riconoscano come padri e madri. Un desiderio comprensibile, umano, ma che può inceppare la vita perché parte da un bilancio, da una pretesa: il nostro valore – il nostro “nome” -, non deriva da quello che abbiamo fatto, ma da qualcosa di gratuito in cui si siamo imbattuti, per cui abbiamo fatto l’esperienza che tutto in realtà ci è stato dato, che la realtà, le persone, noi stessi tutto è dono. “Non c’eravamo, ci siamo; perciò l’esserci, il vivere, l’esistere, il muoversi, è partecipare a qualcosa d’altro … La radice della gratuità sta tutta qui, proprio perché nulla è nostro» (Luigi Giussani, Il Miracolo dell’ospitalità). Da questo tutto viene cambiato e quante volte abbiamo visto nella nostra storia che è generativo per noi e per chi abbiamo accolto.

Un giovane adulto accolto tanti anni fa, dopo la morte del padre affidatario ha scritto: «Adesso, dopo avermi fatto figlio, mi chiede di essere padre. Questo è un padre: uno che vuole che tu viva, uno che tifa per l’umano che c’è in te, uno che ti perdona». Viene in mente il padre del figliol prodigo della parabola del Vangelo, quel padre che fissa la strada da cui comparirà il figlio, che lo scorge da lontano con uno sguardo in cui il figlio ritrova il suo essere figlio, ben oltre la sua misura, che era fatta di ghiande e di cibo.

Quest’ anno ci ha accompagnato la frase “Gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date”, che dalla coscienza di quello che abbiamo ricevuto ci spalanca ad un abbraccio verso chi incontriamo. Anche la frase del Papa sulla Veronica prosegue in questa direzione dicendo «la redenzione cercava la tua forma per entrare nell’inquietudine di ogni uomo». Che impressione e che umiltà, accorgersi che la forma attraverso cui il Signore desiderava entrare come bene, come abbraccio nella storia di un bambino ferito, sia casa nostra, il nostro mangiare e lavorare, la quotidianità della vita dentro le nostre case. Ha detto una delle nostre ragazze: «Le semplici azioni giornaliere come fare i compiti, giocare all’aperto, mangiare insieme, spesso, le diamo come scontate, ma ho imparato che non c’è niente di scontato e che tutto questo è possibile grazie a delle persone che ci hanno amati sin dall’inizio».

Storie, persone, incontri, una vita che al Meeting si dà appuntamento per continuare ad essere stupiti di ciò che accade.

Marco Mazzi