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Accoglienza famiglie ucraine

“Quando il cuore si apre, c’è una speranza che si fa avanti”

Rossella di Bergamo racconta l’accoglienza di una famiglia ucraina.

Abbiamo messo a disposizione la nostra casa in provincia di Bergamo a una famiglia ucraina (padre, madre e figlia di 15 anni) scappata poco prima dell’inizio della guerra.
Abitiamo in città a Bergamo e quella casa la utilizzavamo solo in particolari momenti come il fine settimana o la primavera.
Un’amica ci ha chiesto se potevamo mettere a disposizione la casa per questa famiglia che stava arrivando e rispondere affermativamente ci è sembrata l’unica cosa che potevamo fare.
Non abbiamo rinunciato a molto e anche oggi sentiamo che facciamo ben poco.
A volte andiamo a trovarli, risolviamo problemi inerenti alla casa, prendiamo un caffè insieme o facciamo merenda, prossimamente ceneremo insieme.
Il padre ha un lavoro precario e probabilmente sottopagato, la madre sta imparando l’italiano con un corso intensivo online, la ragazza è stata inserita a scuola.
Adesso che la scuola è finita la ragazza, che parla bene l’italiano, tiene delle lezioni online a dei ragazzi ucraini.
Hanno anche degli amici qui e da subito hanno creato contatti che aiutassero la loro situazione.
Noi facciamo ben poco. Non sappiamo cosa sarà il futuro per loro, quanto staranno da noi e che bisogni si prospetteranno. Staremo loro accanto e vedremo.
Questa relazione con loro ha due punti di meraviglia.
Quando li andiamo a trovare dimostrano gioia, sono contenti di tutto quello che hanno qui, di non essere in mezzo alla guerra e di essere ospitati. La guerra che avrebbe potuto schiacciarli per la distruzione, per il loro essere esuli e aver perso tutto non è la prima cosa; manifestano una lieta gratitudine per quello che vivono.
Più volte mi sono chiesta se io nelle loro condizioni non sarei invece sprofondata. Loro mi testimoniano uno stare davanti al male focalizzato sul bene.
L’altra meraviglia è il mio senso di gratitudine nei loro confronti. Questa piccola cosa che facciamo è comunque un gesto che dà dignità a me, che rende meno cupa la guerra, non che la guerra non sia una tragedia, ma poter esserci con un gesto di accoglienza ha dato, a me e mio marito, la possibilità di sentirci espressione di un bene in mezzo a tanto male.
Come avrei potuto guardare altrimenti alla guerra senza sentirmi schiacciata dall’impotenza?
Impotenti lo siamo, ma quando il cuore si apre (e noi li ringraziamo perché attraverso di loro è accaduto), c’è una speranza che si fa avanti partendo proprio da queste piccole cose, da uno stare insieme che non sappiamo cosa diventerà, ma che oggi è già molto nella sua piccolezza.

Rossella