
A Trivolzio, mettiamo a tema la speranza
Le famiglie di Dimore hanno incontrato a Trivolzio, terra di San Riccardo Pampuri, il caro amico Mons. Corrado Sanguineti, Vescovo di Pavia. È stata una giornata serena e conviviale, iniziata con la Santa Messa, poi il pranzo insieme e i giochi dei bambini e ragazzi negli spazi del santuario. Il dialogo con il Vescovo è stato infine un momento importante per noi adulti: il tema caro a tutti era ‘la speranza’, che tante volte sembra mancare a chi accogliamo nelle nostre case. È stato uno degli argomenti approfonditi durante un corso di formazione di Dimore, ed è pure tema giubilare in questo anno.
La prima domanda è stata posta da Alessandra, della casa di Genova:
“Noi accogliamo ragazzi, bambini, segnati da ferite molto profonde, che li accompagneranno per tutta la vita; spesso vediamo proprio in loro la difficoltà ad affrontare la vita con speranza, come se fossero ancorati a una visione negativa, prevalgono la loro chiusura e la rabbia. Allora ci chiediamo: quale speranza è più forte della ferita che per le loro storie si portano dentro? Come possiamo noi trasmetterla? E per noi stessi, che cosa significa continuare a sperare?”
Poi Luca, il papà della casa di Brescia, racconta delle ultime accoglienze, in particolare di una situazione difficile che li sta mettendo alla prova.
Mons. Sanguineti ci ha aiutato con tanti spunti di riflessione:
“Tu puoi avere uno sguardo di speranza sulla tua vita e quindi anche sulle vite dei ragazzi, che voi avete accolto e state accogliendo, anche su quelle situazioni che apparentemente non sono andate come tu pensavi. Che cos’è che fa stare in piedi anche quando uno fallisce, o le cose non vanno come vorremmo? Ci deve essere “un pieno” su cui la tua vita riposa, se c’è un pieno su cui la tua vita consiste, allora rimane la sofferenza, rimane il dolore, uno strappo, rimane anche a volte una situazione di ansia: immagino cosa avrete provato. Però tu sai che dentro la tua vita la Speranza è la novità che è entrata, una Presenza buona che mi viene ridonata anche attraverso dei volti, attraverso una amicizia, attraverso un abbraccio alla mia vita. Per sperare sulla vita degli altri bisogna che tu abbia una speranza sulla tua vita, altrimenti è impossibile… Quello che mi dà speranza non è tanto una previsione del futuro, ma c’è già qualcosa, adesso, nel presente, su cui posso riposare, che mi permette di dire che la mia vita e abbracciata da una Presenza buona. Come diceva una volta papa Benedetto, “comunque andrà la mia vita, è in mani buone”.
Nell’esperienza umana ci sono delle stagioni diverse, magari c’è un momento in cui tu sei un po’ soffocato dalle spine, ma soprattutto nel cuore dell’uomo c’è sempre uno spazio di terreno buono, risicato magari… ma quel pezzetto c’è sempre: quel seme può attecchire, anche se intorno è tutto spine, tutto un caos, però c’è quel punto lì. La Speranza è non perdere di vista questo punto. Io credo che tutti voi, anche rispetto ai figli naturali, abbiate delle attese buone, non tanto un progetto, un’attesa buona: che la sua vita cammini verso un bene, che sia feconda, e poi magari questa attesa, o non si realizza subito o magari si realizza in maniera totalmente diversa: c’è il mistero della libertà, che fa fiorire la vita dei figli come non ci aspettiamo.”
Mons. Sanguineti ci ha anche sollecitato a coltivare l’amicizia tra noi adulti delle case: “Credo che sia fondamentale che l’avventura che vivete, uno non la viva, come dire, come un eroe solitario, ma la viva dentro un’amicizia.”
Ed è così per noi famiglie di Dimore, un’amicizia che è una grazia incredibile, anche se siamo lontani e non ci frequentiamo spesso: possiamo anche raccontarci di cose anche molto personali, difficoltà che uno vive… c’è una grande attenzione a chi magari è in un momento di fatica o di dolore personale; si è creato un legame, che è un bellissimo dono.
Infine, bellissima la ripresa del Vescovo sull’episodio evangelico del Padre misericordioso: un figlio in cui ad un certo punto scatta la “memoria della casa” dove è stato voluto bene, e un padre che è l’unico a conservare l’identità del figlio, che accoglie nel suo abbraccio riconoscendone comunque intatta la dignità.
“È chiaro che i vostri ragazzi il male che hanno vissuto non lo possono cancellare, è una zavorra che rimarrà. Non la potrete cancellare voi, non la cancella nemmeno Dio, una volta che una cosa è fatta è fatta, è vissuta. Però tutto il bene che in questi anni voi gli comunicate, entra nelle loro vite, ed è come se si facesse spazio, e ruba spazio a quell’oscurità.”