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Pellegrinaggio di inizio anno, una presenza personale, anche in collegamento.

Due testimonianze di amici dell’Associazione di Bergamo che hanno partecipato al pellegrinaggio del 7 ottobre 2020 in maniera differente: chi seguendolo in televisione e chi in presenza.

“Quest’anno il consueto pellegrinaggio dell’Associazione è stato vissuto da noi in un modo particolarmente intenso, molto bello e diverso, non solo per la forma del Rosario in diretta TV ma perché, in questo periodo per noi di prova, siamo stati accompagnati e sostenuti dalla presenza di alcuni cari amici del Direttivo, graditi ospiti in casa nostra.

E’ stato molto bello durante la cena raccontarci le ansie e le preoccupazioni ma anche i fatti belli delle nostre famiglie, condividere i nostri passi di consapevolezza e il cammino di ciascuno, le fatiche e le conquiste dei figli, vicini e lontani. E poi pregare e chiedere alla Madonna, Maria dei Miracoli, la sua carezza su tutto e su tutti noi, sui nostri piccoli Martino e Tommaso, su Agostino, su Mery e su tutti gli altri nostri ammalati; abbiamo chiesto consolazione per i loro genitori. Condividere la cena e poi il gesto unitario della recita del S. Rosario è stato per noi l’occasione per gustare la fraternità e la carnalità della nostra amicizia vera”.

Laura e Matteo

“Io e Miriam abbiamo presenziato al pellegrinaggio. Ciò che mi ha colpito da subito è stata la cura del gesto. Prima che iniziasse ci sono state le prove, sia dei canti sia della recita del Rosario. Tuttavia, non c’era nulla di formale nella preparazione: si vedeva in tutte le persone che erano lì una cura e un amore a Famiglie per l’Accoglienza. In quella chiesa poi, con la presenza dell’Arcivescovo, si è respirata la coscienza di un’appartenenza alla nostra Associazione e all’intera Chiesa. Mentre ero lì, pensavo alle persone in collegamento, eravamo davvero tutti lì presenti, noi e tutte le famiglie che incontriamo.

Poi, finito il gesto, io e Miriam siamo andate a mangiare una pizza. Abbiamo parlato di noi, di ciò che accade, di come siamo fatti. Miriam con molta verità e lealtà mi ha detto, rispetto ad un mio comportamento, che devo correggermi, che così come faccio io è sbagliato. Non entro nel particolare della cosa perché non è importante; si potrebbe trattare di qualsiasi particolare di me. Quello che è importante è che in quel momento, ma proprio in quell’istante, mi sono accorta di come la sua correzione non mi dava fastidio, anzi mi sono venute le lacrime perché mi sono commossa della Grazia che avevo (e che ho) di potermi affidare.

E’ un’esperienza davvero liberante. Ho sentito, forse per la prima volta in modo così chiaro, cosa vuol dire che il peccato, la debolezza o l’incapacità non sono uno scandalo o una vergogna, che il punto non è questo, ma che è consegnare tutto ciò che si è nelle mani di un Altro e questo, oltretutto, fa davvero venir voglia di cercare di cambiare. Il momento del Rosario, dell’affidarsi nelle mani della Madonna e quel momento di dialogo con Miriam e consegnare quello che si è nelle mani di chi hai davanti e che ti vuole bene è la stessa identica cosa, è la stessa dinamica. Quando la realtà ti viene incontro così, dandoti la possibilità concreta di affidarti, tutto cambia, e per questo il mio desiderio è che noi possiamo essere sempre di più questo abbraccio uno per l’altro e che io possa essere questo strumento per le nostre famiglie”.

Giusy