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Che cosa muove all’affido?

Domenica 16 gennaio a Pescara, si è tenuto il primo incontro del percorso di introduzione all’affido, dal titolo: “Che cosa muove all’affido?” con la preziosa presenza dell’Assistente Sociale di Famiglie per l’Accoglienza delle Marche e mamma affidataria Annalisa Rosini. Il racconto di Emanuela

“Che cosa muove all’affido?”: l’ Assistente Sociale di Famiglie per l’Accoglienza delle Marche e mamma affidataria Annalisa Rosini ha aiutato i partecipanti l’incontro ad approfondire questo tema. La relatrice, parlando della sua personale esperienza di mamma affidataria, ha toccato quattro punti fondamentali.

Il primo è l’origine del desiderio dell’affido, che nasce dal bene vissuto dentro la propria famiglia, ma anche attraverso l’incontro con altre famiglie che hanno accolto. Quando sperimentiamo una sovrabbondanza di bene nella nostra vita, sentiamo il desiderio di portare questo bene anche ad altri. “Per me e mio marito – ha affermato Annalisa Rosini – prima c’è stato un incontro con una realtà, vedere la serenità di persone che accoglievano, anche nelle difficoltà, ci ha insegnato uno sguardo positivo nei confronti della vita”.

Il secondo punto è quando arriva la chiamata sulla proposta di affido e l’incontro, è un’esperienza vertiginosa. È il tuo desiderio che si confronta con la realtà, la voglia di accogliere con le paure. “La realtà è diversa da quella che abbiamo immaginato – ha raccontato Annalisa – a volte si sperimenta una estraneità nei confronti del bambino, ragazzo in affido; tu senti che è un estraneo, non c’è niente di male nel provare queste emozioni. Tutto si rimette in gioco della tua vita, ma in maniera diversa, come coppia, genitore, nei rapporti di amicizia. Ad esempio mio marito ed i miei figli mi hanno aiutata molto. Con il figlio in affido, in un certo senso, sei libero dall’esito, perché starà con te soltanto per un periodo di tempo, quindi hai desiderio di donarti tutto, a differenza dei propri figli per i quali spesso non abbiamo questa libertà e per i quali vorremo cose che non sempre si realizzano. È un’esperienza che ci dona continuamente, che ci fa sentire ancora più vicino alla nostra famiglia, impariamo la pazienza, la gratuità; non bisogna avere fretta con i figli in affido. Si impara a stare di fronte la sofferenza di altri, a comprenderne il disagio e a non giudicarlo. L’accoglienza dice questo: guardami, stai con me, abbracciami. Questi figli vanno amati, accolti, perché anche loro fanno fatica ad accogliere noi. Bisogna accompagnarli, stare al loro fianco, dare spazio, tempo, fiducia”.

Terzo punto sul quale la relatrice ha posto l’accento è l’importanza di una compagnia durante questo percorso, a partire dalla nascita del desiderio. Per rimanere saldi è necessario un luogo che ci aiuti a crescere e ci accompagni a stare di fronte alle difficoltà, alla fatica. “L’affido è un’esperienza complessa – ha aggiunto la relatrice – il tribunale, l’ospedale, i servizi sociali non sempre rispondono come vorresti, allora potresti essere trascinato dagli eventi e qui è fondamentale una compagnia che ti aiuti a comprendere a cosa guardi quando arriva questo bambino e a ricordare quale desiderio ti ha mosso: un desiderio di bene!”

L’ultimo punto, quello sul quale si muove tutta l’esperienza dell’affido, è che non è un bene solo per chi è accolto, ma è un bene soprattutto per chi accoglie. “Il progetto di salvare l’altro non ti può aiutare a lungo termine, soprattutto di fronte alle difficoltà, ma bisogna capire che è un bene per me – ha affermato Annalisa – ad esempio, durante l’ultimo affido, abbiamo visto muoversi persone che non conoscevamo, ci hanno dato di tutto per il bambino accolto, un sostegno sia materiale che affettivo, abbiamo assistito ad una condizione di bene infinito. L’affido ti dà uno sguardo diverso, di bellezza, perché, attraverso la fatica, arriva qualcosa di più grande. Anche ciò che mi capita di negativo può essermi utile quando io percepisco che questa esperienza è un bene per me. Mio marito ed io abbiamo imparato a guardarci con occhi diversi grazie a questi vissuti, a volte bisogna fare un passo indietro da sé stessi, uscire dal già saputo, dalle nostre strutture, dobbiamo ricalcolare il percorso, bisogna guardare il figlio in affido e mettersi al suo fianco”.

Al termine, i presenti hanno partecipato con domande ed interventi. Il presidente Marco Bulferi ha ricordato a tutti che il percorso di introduzione all’affido proseguirà con altri incontri. Il prossimo, nel mese di marzo, affronterà, con l’aiuto di un altro esperto, il tema dei rapporti con la famiglia di origine.

Emanuela Molino